domenica 17 aprile 2011

Educazione, ribellione, utopia: l'esempio di Marcello Bernardi

Pensare una scuola radicalmente differente da quella attuale (o pensare che la scuola non abbia oggi ragione di esistere) è per moltissimi un'assurdità o una follia. Coloro che sostengono l'impraticabilità di alternative allo status quo sono di norma considerati "conservatori" o "reazionari". Ma nei periodi di maggiore oscurantismo e passatismo (come il nostro) godono del più nobile appellativo di "realisti".
Ora si dovrà prima o poi chiarire che tutti costoro, realisti, conservatori o reazionari, devono essere chiamati più propriamente vili realisti, vili conservatori, vili reazionari. E non è una semplice provocazione, è ciò che ci troviamo ad osservare ogni giorno.
A scuola si insegna ad essere non solo conservatori, reazionari e realisti (nel senso di vili conservatori, vili reazionari, vili realisti), ma si insegna a diffidare e a screditare chi coltiva aspirazioni di riscatto e di ribellione, chi sogna, chi spera, chi crede in qualcosa con convinzione. Il motivo non è difficile da comprendere: chi insegna ha dovuto subire, tempo fa, la stessa selezione, gli stessi giudizi: vai bene se ripeti il mondo così com'è, sei sbagliato se ti ribelli a quel mondo e vuoi in qualche modo rovesciarlo. L'insegnante, nella stragrande maggioranza dei casi, è un vile. Ci sono ben pochi giri di parole da fare. Ma gli insegnanti sono vili, perchè gli adulti sono vili. Sono uomini che non si prendono la responsabilità (e la gioia) di vivere da uomini, che non vogliono scegliere come vivere, ma si adattano a vivere come altri hanno deciso per loro. In questo, aveva perfettamente ragione il libertario Marcello Bernardi, quando scriveva:
Il sistema non ha bisogno di uomini. Gli uomini, se sono uomini, non sono convenienti, sono anzi pericolosi. E infatti il sistema fa di tutto perchè essi perdano le caratteristiche della loro specie.
Il gioco, in fondo, è abbastanza semplice. Basta sottoporre l'individuo a un complesso di pressioni condizionanti, fin dal momento della sua nascita. Così ogni nuova generazione si troverà alle prese con persone già manipolate e private delle loro qualità scomode, e da queste persone saranno educate, e il fenomeno si ripeterà all'infinito automaticamente.
Il bambino in effetti ha pochissime occasioni di incontrare degli adulti che siano anche degli uomini e non trova quindi dei modelli ai quali fare riferimento, con i quali confrontarsi, per diventare uomo a sua volta.
Il problema allora è questo: dobbiamo o no dire al bambino che la maggioranza delle persone che lo circondano è "sbagliata", che ben pochi adulti possono essere considerati umani in quanto quasi tutti si adattano a una struttura sociale disumanizzante e accettano quindi la negazione della propria umanità? Dobbiamo o no dire al bambino che gli adulti fingono di essere uomini indipendenti, onesti e ragionevoli e invece di solito non lo sono? Dobbiamo o no dire al bambino che gli adulti lo ingannano?
Noi abbiamo il compito di svelare l'inganno. Noi abbiamo il compito che tanti adulti, che si presentano come saggi, moderati, onesti, difensori della legge, del diritto, dei valori e altre fesserie del genere, sono in realtà dei vigliacchi che hanno paura di pensare ad un mondo diverso e migliore. Questo i veri educatori dovrebbero ripetere a chiare lettere ogni giorno, a sè stessi prima e poi ai giovani. E comportarsi di conseguenza. Sì, perchè di fronte alla negazione adulta dell'umanità, occorrono adulti che affermino l'umanità, e quindi la capacità di pensare, desiderare e contribuire ad un mondo diverso. La nostra funzione storica ce l'ha indicata ancora Bernardi:
Dichiarare il fallimento del passato e del presente e fornire modelli di comportamento suggeriti da un futuro diverso.
Non dobbiamo disperare se attorno a noi regna la depressione, la rassegnazione, il deserto intellettuale e morale. E non dobbiamo neppure delegare ai giovani il compito di cambiare le cose. Dobbiamo noi per primi essere un esempio di diverso atteggiamento, propositivo, aperto, coraggioso, persino eroico.
E occorre essere accusati di "utopia". Quando ci accuseranno di "utopia" saremo certamente stati capaci di pensare a qualcosa di importante per il nostro presente e il nostro futuro. Ancora Bernardi:
Utopia. Parola singolare, che stimola gli uni e imprigiona gli altri. Per il rivoluzionario l'utopia è una fede. Una fede insopprimibile, profonda, incorruttibile, assoluta. E' una ragione di vita. Direi persino che è la vita. Per il conservatore è una parola che tronca sbrigativamente ogni tentativo di proposta alternativa. E' l'incredulità, la negazione, il rifiuto. E' la base della sua determinazione a non fare.
Altra accusa: quella di pazzia. Ma "pazzi sono ritenuti dai conservatori tutti coloro che osano sperare o, anche peggio, credere". Come sosteneva Camus: "se chi spera nella condizione umana è un pazzo, colui che dispera degli avvenimenti è un vile".

Gli adulti, e soprattutto gli educatori, hanno il compito di mostrare che un mondo diverso è possibile. Gli adulti non dovrebbero essere vili. O almeno gli educatori andrebbero scelti tra adulti pienamente uomini, e non vili. Gli adulti, almeno gli educatori, dovrebbero tenere sempre presenti le parole di Bernardi:
Molti affermano che la norma repressiva è inevitabile, che l'uomo non è mai stato e non può mai essere veramente libero, che da sempre l'organizzazione sociale impone la propria legge non foss'altro che per sopravvivere e che l'educare senza tener conto di questa legge vuol dire gettare fra gli uomini il seme del caos e del più funesto disordine. Affermano inoltre che la legge deve, per la sua stessa natura, essere imposta dai pochi ai molti, poichè nella storia dell'uomo c'è sempre stato chi deve comandare e chi obbedire, chi deve pesnare e chi deve eseguire, chi deve avere un potere e chi non deve averlo. E che perciò la non-stratificazione sociale è impensabile. In sintesi, affermano che il mondo così è e così deve restare.

Non voglio negare, beninteso, che la comunità umana debba essere in qualche modo organizzata, nè che per fare ciò sia indispensabile una norma. La strada percorsa fin qui è senza dubbio la più comoda, ma anche la più indegna dell'uomo. E' mia ferma convinzione che si possa e debba cambiarla. Cambiarla del tutto e per sempre, senza possibilità di ritorno.
Si tratta di essere umani. Si tratta di scegliere. L'uomo, a differenza degli altri animali, ha la facoltà di accettare o rigettare qualcosa. Può scegliere tra un mondo e un altro. Questo dobbiamo mostrarlo ai giovani. Sempre se è nostra intenzione sperare in un mondo migliore.

Antonio Saccoccio