lunedì 8 ottobre 2018

Ivan Illich e la libertà di riunione negata dalla scuola

Il diritto alla libertà di riunione è un diritto negato dalla scuola, che ci obbliga a riunirci con altre persone. Questo pensiero di Ivan Illich deve essere ben valutato, il paragone con l'esercito è tutt'altro che peregrino.

Il diritto alla libertà di riunione è da tempo riconosciuto sul piano politico e accettato sul piano culturale. Ma dobbiamo renderci conto che esso è limitato dalle leggi che rendono obbligatorie certe forme di riunione. È il caso, soprattutto, delle istituzioni che arruolano forzosamente in base all'età, alla classe o al sesso, e che assorbono grandi quantità di tempo. Un esempio è l'esercito. Un altro, ancor più scandaloso, la scuola. Descolarizzare significa abolire il potere di una persona di costringere un'altra a partecipare a una riunione.  (I. Illich, Descolarizzare la società, 1971)

giovedì 26 luglio 2018

"Non ho parole. Analfabetismo funzionale e analfabetismo pedagogico", l'ultimo libro di Maurizio Parodi



È stato pubblicato in questi giorni, per Armando editore, un brillante saggio di Maurizio Parodi: “Non ho parole. Analfabetismo funzionale e analfabetismo pedagogico”.  Il volume è inserito nella collana Avanguardia 21, curata da Antonio Saccoccio.
Quali sono le responsabilità della scuola rispetto al problema dell'analfabetismo funzionale sempre più diffuso? Il saggio di Maurizio Parodi (promotore, tra le altre cose, della campagna “Basta compiti!”) fornisce efficaci strumenti di lettura del “fenomeno” e concreti suggerimenti operativi per riqualificare didatticamente gli ambienti di apprendimento. Arricchiscono il volume una prefazione di Roberto Maragliano e una postfazione di Giancarlo Cavinato
Proprio le parole di Maragliano ben descrivono la peculiarità del saggio di Parodi:
«... per liberare la scuola occorrerebbe descolarizzare la cultura, a cominciare da quella accademica, e riconoscere che ci sono tanti e tanto diversi modi di concepire, praticare, insegnare, apprendere la parola parlata, quella letta, quella scritta. [...] Parodi ci aiuta a dirlo e farlo. [...] La forza politica di questo suo lavoro sta proprio in ciò, nel proporre, anzi riproporre una elaborazione compiuta sull’apprendimento linguistico, particolarmente feconda nel trentennio successivo alla seconda guerra. Compiuta ma dimenticata. O tutt’al più richiamata ma privata delle sue componenti critiche all’interno dei documenti istituzionali del presente. Lì, in quella elaborazione, c’è un preciso e drammatico atto d’accusa rivolto alla scuola stessa: se sono sgrammaticati, i giovani, è perché ne fanno non già poca, di grammatica, quanto troppa e troppo manualistica; se scrivono così male è perché le pratiche che si propongono loro non si confrontano, se non in minima parte, con i meccanismi della comunicazione pubblica; se leggono male è perché li si è condizionati fin dall’inizio ad associare lettura a esercizio pedante di analisi del testo. Questa pars destruens dell’impegno educativo era ben presente e forte nella letteratura scientifica e didattica cui Parodi fa sistematico riferimento. Basti pensare, per fare un solo nome, emblematico, a Célestin Freinet. Per costruire bisogna prima di tutto depotenziare la parte negativa dell’esistente. Vogliamo dirlo? Per  costruire occorre distruggere ciò che si oppone alla costruzione».

mercoledì 10 gennaio 2018

Quel gran fisico di Richard Feynman

Richard Feynman non è stato solo un fisico, ma un esempio per tutti coloro che amano la conoscenza e la ricerca.

Qui riportiamo una serie di sue affermazioni fondamentali sulla scuola, l'apprendimento, la ricerca: 

Non vedevo a cosa servisse un sistema di autoriproduzione nel quale si superano esami per insegnare ad altri a superare esami, senza che nessuno impari mai niente.

Nel 1965 riceve il premio Nobel e afferma: 

Non vedo per quale motivo qualcuno dell’Accademia Svedese debba decidere se questo lavoro sia abbastanza nobile da ricevere il premio. Il premio l’ho già ricevuto. Il premio è il piacere della scoperta, il contributo alla ricerca, il fatto che la gente usa il mio lavoro. Sono queste le cose reali. Le onorificenze non sono reali, secondo me. Non credo nelle onorificenze. 


Scienza è credere nell’ignoranza degli esperti.

Non so che cosa non va nella gente: non imparano usando l’intelligenza, ma solo meccanicamente o giù di lì. Il loro sapere è così fragile. 

Un principio generale della fisica è che, non importa quello che una persona pensa, è quasi sempre sbagliato.