È stato pubblicato in
questi giorni, per Armando editore, un brillante saggio di Maurizio Parodi:
“Non ho parole. Analfabetismo funzionale e analfabetismo pedagogico”. Il volume è inserito nella collana
Avanguardia 21, curata da Antonio Saccoccio.
Quali sono
le responsabilità della scuola rispetto al problema dell'analfabetismo
funzionale sempre più diffuso? Il saggio di Maurizio Parodi (promotore, tra le altre
cose, della campagna “Basta compiti!”) fornisce efficaci strumenti di lettura
del “fenomeno” e concreti suggerimenti operativi per riqualificare
didatticamente gli ambienti di apprendimento. Arricchiscono il volume una
prefazione di Roberto Maragliano e una postfazione di Giancarlo Cavinato.
Proprio le parole di Maragliano ben descrivono la peculiarità del saggio di
Parodi:
«... per liberare la
scuola occorrerebbe descolarizzare la cultura, a cominciare da quella
accademica, e riconoscere che ci sono tanti e tanto diversi modi di concepire,
praticare, insegnare, apprendere la parola parlata, quella letta, quella
scritta. [...] Parodi ci aiuta a dirlo e farlo. [...] La forza politica di
questo suo lavoro sta proprio in ciò, nel proporre, anzi riproporre una
elaborazione compiuta sull’apprendimento linguistico, particolarmente feconda
nel trentennio successivo alla seconda guerra. Compiuta ma dimenticata. O
tutt’al più richiamata ma privata delle sue componenti critiche all’interno dei
documenti istituzionali del presente. Lì, in quella elaborazione, c’è un
preciso e drammatico atto d’accusa rivolto alla scuola stessa: se sono
sgrammaticati, i giovani, è perché ne fanno non già poca, di grammatica, quanto
troppa e troppo manualistica; se scrivono così male è perché le pratiche che si
propongono loro non si confrontano, se non in minima parte, con i meccanismi
della comunicazione pubblica; se leggono male è perché li si è condizionati fin
dall’inizio ad associare lettura a esercizio pedante di analisi del testo.
Questa pars destruens dell’impegno educativo era ben presente e forte nella
letteratura scientifica e didattica cui Parodi fa sistematico riferimento. Basti
pensare, per fare un solo nome, emblematico, a Célestin Freinet. Per costruire
bisogna prima di tutto depotenziare la parte negativa dell’esistente. Vogliamo
dirlo? Per costruire occorre distruggere
ciò che si oppone alla costruzione».