tag:blogger.com,1999:blog-84993386409090967312024-02-07T16:26:08.818-08:00DescolarizzazioneIl primo blog nato per descolarizzare la scuola (e la società?)Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.comBlogger71125tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-78829398174295586232021-09-18T23:57:00.003-07:002021-11-03T01:03:30.658-07:00Chi educa dovrebbe avere uno sguardo fertile (Antonio Vigilante)<p><span style="background-color: white; color: #050505; font-family: inherit; font-size: 15px; white-space: pre-wrap;"></span></p><blockquote>"La scuola guarda gli studenti attraverso i suoi occhiali, che sono quelli disciplinari. Tutto ciò che non rientra in una delle discipline previste dall’indirizzo, semplicemente non esiste. La valutazione è il risultato della somma dei diversi sguardi disciplinari sullo studente. Il risultato è che la scuola è miope. E gli studenti lo sanno; una buona parte del loro malessere viene da qui. La scuola non li vede, se non nella misura in cui loro si <i>scolarizzano</i>. Se prendono la forma che la scuola richiede per guardarli"</blockquote><p></p><div class="o9v6fnle cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql ii04i59q" style="background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin: 0.5em 0px 0px; overflow-wrap: break-word; white-space: pre-wrap;"><div dir="auto" style="font-family: inherit;">Occorre leggere e rileggere, pensare e ripensare all'articolo pubblicato da Antonio Vigilante su Medium a <a href="https://medium.com/@antoniovigilante/valutare-e-valorizzare-fe75d71ff98d" target="_blank">questo indirizzo</a>. </div><div dir="auto" style="font-family: inherit;">"Chi insegna, chi educa, dovrebbe avere uno sguardo fertile". Difficile dirlo in modo migliore.</div></div>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-87510551463452433492021-08-03T23:48:00.002-07:002021-09-18T23:53:57.777-07:00La nostra idea di scuola è ottocentesca<p>Il nostro modello scolastico e didattico è ottocentesco, c'è poco da discutere. Il problema è che ha consapevolezza di ciò solo una modestissima parte degli insegnanti. Ma il problema più grande è che una forma di sapere ottocentesco, se paralizza la scuola, paralizza di conseguenza la società. Che infatti resta profondamente ottocentesca. Non siamo conservatori e passatisti per caso. Lo siamo perché lo è innanzitutto la scuola.</p><p>Da leggere un bell'articolo pubblicato da Roberto Maragliano su Garr News a <a href="https://www.garrnews.it/la-voce-della-comunita-24/888-nuovi-scenari-per-la-didattica-tra-digitale-e-presenza?fbclid=IwAR0L2DCYq5LyaaA25RD_S6vwtV8ggGErmt5mgBdGUBsEyc15ybriUiNZsd0" target="_blank">questo indirizzo</a>: <br /><br /></p><blockquote>"<span style="background-color: rgba(255, 255, 255, 0.6); color: #212121; font-family: Montserrat; font-size: 15px;">Registriamo un ritardo storico, su questo fronte, è doloroso ammetterlo. Le idee di scuola e di università e dunque di didattica su cui poggiamo molti dei nostri ragionamenti, anche quelli di valorizzazione del digitale, appartengono più al diciannovesimo che al ventesimo secolo, sono più debitrici ad un modello di stabilità ed intoccabilità del sapere, e dei suoi presupposti, e meno ad un modello di instabilità e permeabilità delle conoscenze e delle esperienze".</span></blockquote><span style="background-color: rgba(255, 255, 255, 0.6); color: #212121; font-family: Montserrat; font-size: 15px;"></span><p></p>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-16635596808831588352021-06-30T08:57:00.002-07:002021-06-30T08:57:44.076-07:00Premi e castighi per i nostri bambini (di Maria Montessori)<p style="text-align: justify;">Ero stata io pure sotto l'illusione di uno dei più assurdi procedimenti dell'educazione comune: avevo creduto anch'io che per spingere il bambino a uno sforzo elevato di lavoro e di tranquillità fosse necessario di incoraggiare con un <i>premio esteriore </i>i suoi bassi sentimenti, come la ghiottoneria, la vanità e l'amor proprio. E fui io pure stupita, constatando poi che il bambino a cui è permesso elevarsi abbandona spontaneamente i suoi bassi istinti. Allora esortai le maestre a desistere dai comuni premi e castighi - che non erano più adatti ai nostri fanciulli - e a limitarsi a dirigere dolcemente il loro lavoro. </p><p style="text-align: justify;">Ma niente era più difficile per la maestra che rinunciare a vecchie abitudini e ad antichi pregiudizi. </p><p style="text-align: justify;">Specialmente una di esse si industriava, quando ero assente, a <i>rimediare </i>alle mie idee, introducendo un po' dei metodi ai quali era stata avvezzata. Così un giorno, in una visita improvvisa, sorpresi un bambino, tra i più intelligenti, con una gran croce greca d'argento sostenuta da un vistoso nastro bianco appuntata sul petto; e un bambino seduto in una poltroncina in mezzo alla stanza. </p><p style="text-align: justify;">Il primo era stato premiato, il secondo era in castigo. La maestra, almeno in mia presenza, non interveniva con nessuna azione, così le cose rimasero come le trovai. Tacqui, e mi misi a osservare. Il bambino della croce si muoveva avanti e indietro trasportando oggetti dal suo tavolino al tavolo della maestra, affaccendato e intento; e passava più volte innanzi alla poltroncina del castigato. Gli cadde in terra la croce e il fanciullo della poltroncina la raccolse e la guardò bene da tutti i lati, poi disse al compagno: «Vedi che t’è caduto?». Il bambino si voltò e guardò l’oggetto con indifferenza; la sua espressione sembrava dire: «Non m’interrompete» e la voce disse: «Che me ne importa?». «Non t’importa?» soggiunse con grande calma il castigato. «Allora me la metto io.» E l’altro rispose: «Sì, sì, mettila tu» con un tono che sembrava dire: «Ma lasciami in pace!». Il ragazzo della poltrona si appuntò lentamente la croce sul petto, la guardò bene, e si accomodò sulla poltroncina più comodamente, distendendo le braccia sui braccioli. Le cose rimasero così, ed era giusto. Quel pendaglio poteva soddisfare il castigato, non il bambino attivo, contento del suo lavoro.<br /><br /></p><div style="text-align: right;">[M. Montessori, <i>La scoperta del bambino</i>]</div><p></p>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-5899746164337716102021-04-19T01:09:00.003-07:002021-09-18T01:16:46.238-07:00"Ecologia del potere" di Antonio Vigilante: la maieutica reciproca<p>"Ecologia del potere" di Antonio Vigilante (Edizioni del Rosone, 2012) è uno di quei libri che non possono mancare nelle librerie degli educatori libertari. Bisognerà leggerlo e discuterne molto delle idee contenute in questo volume, e in particolare della "maieutica reciproca", che resta una delle poche possibilità che abbiamo per - mi azzardo a dire - una "scuola del potere" che cancelli la "scuola del dominio". Il libro è disponibile gratuitamente in pdf a <a href="https://educazioneaperta.it/wp-content/uploads/2017/04/Antonio_Vigilante_Ecologia_del_potere.pdf" target="_blank">questo indirizzo</a>.<br />Riporto per ora solo una pagina tratta dall'introduzione dell'autore:</p><p></p><blockquote>Nel settimo capitolo mi soffermo sulla maieutica reciproca. Una distinzione centrale in Dolci è quella tra trasmettere e comunicare. Si ha semplice trasmissione, e non comunicazione, quando il messaggio va dall’emittente al destinatario, senza che quest’ultimo abbia la possibilità di replicare. È trasmissione, dunque, e non comunicazione quella della televisione e dei giornali. In questo senso Dolci afferma che la comunicazione di massa non esiste. Nella comunicazione autentica c’è lo scambio reciproco, il parlare ed ascoltare. Ma non basta: occorre che ci sia anche la volontà di mettere le cose in comune, di accettare pienamente l’altro, di dire la verità; di più: di cercare la verità insieme agli altri. È quello che avviene nei gruppi maieutici, che sono gruppi per la ricerca della verità che diventano inevitabilmente anche politici, poiché cercare la verità vuol dire opporsi attivamente all’errore ed alla menzogna. Nato come strumento di empowerment, il metodo della maieutica reciproca si dimostra uno straordinario metodo educativo, che Dolci cercherà di applicare alla educazione primaria nel centro educativo di Mirto, una iniziativa degli anni Settanta che avrà un successo solo parziale, ma nella cui sperimentazione affiorano spunti pedagogici di grande interesse, che possono ancora oggi essere ripresi e valorizzati.</blockquote><p></p>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-88967010684167396782020-03-12T01:45:00.001-07:002020-08-16T00:57:09.665-07:00La scuola come dispositivo (Pier Cesare Rivoltella)<p></p><div style="text-align: justify;">Gli storici sanno che la scuola, così come noi la conosciamo, è una creazione dello Stato moderno che funziona come un dispositivo. "Dispositivo" è termine foucaultiano che vuole dire macchina, meccanismo; il filosofo francese lo usa per descrivere il funzionamento di quelle che lui chiama "istituzioni totali", come il carcere e le case di cura. </div><div style="text-align: justify;">Dire della scuola che è un dispositivo significa dire che è una macchina il cui funzionamento serve a raggiungere determinati obiettivi: la socializzazione, la riproduzione culturale, lo sviluppo di cittadinanza e di identità nazionale. Vale per la Scuola Repubblicana in Francia, vale per la scuola italiana dalla Riforma Gentile a oggi. </div><div style="text-align: justify;">Il dispositivo-scuola funziona su alcuni assunti: la trasmissione della cultura; il rispetto dell'insegnante; l'ordine, la disciplina; il sistema dei voti a sostegno di promozioni e respinzioni. L'insegnante, come il dirigente, dentro questo dispositivo è cresciuto per anni come studente e poi si trova a operarvi come professionista dell'educazione. Il rischio che del dispositivo assuma in maniera implicita e irriflessa tendenze e caratteristiche è forte: esse si fissano come un habitus dal quale è difficile prendere le distanze. questo spiega la difficoltà della scuola ad accettare il cambiamento, la sua resistenza al nuovo. La forza del dispositivo sta nella sua capacità di riprodursi e consolidarsi senza distinzione generazionale: e infatti spesso è facile incontrare giovani insegnanti assolutamente intransigenti, molto meno flessibili e disponibili di loro colleghi con una maggiore anzianità di servizio. Anche i genitori, che spesso contestano la scuola, prendono posizione in favore dei figli proteggendoli a oltranza, nutrono diffidenza nei confronti degli insegnanti, fanno fatica a non considerare la scuola come dispositivo: cresciuti in essa e modellati dalla scuola-dispositivo, è facile che siano i primi a non accettare una proposta alternativa proprio perché diversa da quanto introiettato in anni e anni di scuola. Eccoli allora protestare perché "si è indietro con il programma", l'insegnante non fa lavorare come dovrebbe, perché il figlio non "produce" abbastanza quaderni", perché la maestra dei figli di loro amici è "più avanti". Come si capisce, l'unica possibilità è di provare a forzare il dispositivo. Qui si ritaglia lo spazio dell'innovazione e il significato profondo dell'adozione di metodologie alternative: si tratta di scelte che, se fatte con serietà e radicalità, vanno a supporto di processi di riflessività organizzativa che non possono che portare fuori dai limiti angusti del dispositivo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: right;">Pier Cesare Rivoltella, <i>Un'idea di scuola</i></div><p></p>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-44107819741391698102019-12-04T02:56:00.000-08:002020-02-18T02:57:36.995-08:00Qualche domanda a Hugues de Varine su ecomusei, educazione e Paulo Freire (a cura di Antonio Saccoccio)<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(Antonio Saccoccio) Caro Hugues de Varine, io credo che l’aspetto educativo sia fondamentale nel processo ecomuseale. Anche tu hai parlato molto spesso di questo. In particolare, citi frequentemente il pensiero pedagogico di Paulo Freire. Lo chiami “il mio maestro”. Quando e come è nata questa tua predilezione?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(Hugues De Varine) Tra il 1970 e il 1974, ho partecipato a titolo volontario e militante alla creazione e allo sviluppo di una ONG internazionale d’iniziativa francese, chiamata INODEP (Istituto Ecumenico per lo Sviluppo dei Popoli), fondata da alcuni missionari cattolici e protestanti nello spirito dell’enciclica <em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Populorum Progressio</em> e di uno dei suoi redattori Louis-Joseph Lebret. Noi abbiamo scelto come presidente Paulo Freire, che era al tempo in esilio in Europa e consigliere del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra. Lui ha accettato e durante gli anni seguenti non solo ha presieduto formalmente l’INODEP, ma ci ha anche insegnato le sue idee e i suoi metodi. E naturalmente io ho letto i suoi libri tradotti in francese. Ci ha aiutato a concepire gli obiettivi e i programmi dell’INODEP, in America Latina, in Africa e anche in Asia. Poi, quando io ho lasciato l’ICOM che guidavo per andare a lavorare in provincia, ho lasciato l’INODEP dove avevo presieduto l’associazione francese che gestiva il tutto. Nel 1972, quando preparavo la Tavola Rotonda di Santiago, ho domandato a Paulo Freire se avrebbe accettato di essere il principale relatore dell’incontro e lui ha accettato. La mia idea era che riflettesse sul museo come aveva riflettuto sulla scuola. Ma il governo dittatoriale brasiliano ha posto il veto. Poi, ho rivisto Paulo Freire un’ultima volta, un po’ a lungo, da lui, a San Paolo nel 1992. E poi, avendo lavorato molto in Brasile su progetti comunitari e patrimoniali, ho ritrovato le sue idee che sono laggiù molto spesso messe in pratica in numerosi ambiti. Attualmente, sono in corso molti master o tesi in museologia che prendono spunto dalle idee di Paulo Freire.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> (A.S.) Tu hai appreso dal pensiero di Paulo Freire il concetto di “cultura viva”. In particolare, con Arlindo Stefani, uno degli allievi di Paulo Freire, hai elaborato una grandiosa utopia intitolata “cultura viva e sviluppo”. Di cosa si tratta?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) È un’idea che abbiamo avuto, Arlindo e io, in Francia alla fine degli anni Settanta, per sperimentare metodi di sviluppo locale partecipativo, e che abbiamo applicato a diversi progetti sul territorio, in particolare nelle case dei lavoratori immigrati e nelle case popolari. Si trattava di partire dall’osservazione partecipata della vita quotidiana, dalle persone stesse, per portarle a presentare proposte concrete e applicarle nella loro vita quotidiana e nei territori. Ciò che noi chiameremmo in portoghese “capacitação” o in inglese “empowerment”. Si trattava di far prendere coscienza del sapere di ciascuno in un approccio collettivo o condiviso, per prendere quindi fiducia nella loro capacità di risolvere problemi reali ma semplici, poi spostarsi progressivamente verso la soluzione di problemi sempre più complessi. E un processo lungo e lento, molto impegnativo in termini di fiducia, competenza linguistica, con pochissimi mezzi tecnici e molto spesso senza alcun supporto da parte delle autorità. E un’utopia realistica, poiché abbiamo mostrato che funziona, ma nessuno ci crede perché oggi bisogna andare sempre più veloci e ottenere risultati. Tutto questo sembra un po’ come fare dell’omeopatia sociale.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Per coloro che si occupano di ecomusei, è molto importante distinguere l’educazione bancaria dall’educazione liberatrice. Perché?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Il museo tradizionale, come la scuola, dalla primaria alla superiore, mira a imporre delle conoscenze, con metodi più o meno sofisticati (detti “pedagogici”), ma procedendo sempre dall’alto in basso. E un modo per garantire ai visitatori il riconoscimento di oggetti, opere, documenti, tradizioni, conoscenze che sono state scelte e definite da alcuni studiosi, portatori delle discipline accademiche (storia dell’arte, storia, archeologia, etnologia, scienze della terra, tecnologie etc.). Per la maggior parte dei visitatori è una forma di assimilazione culturale alla cultura alta. Come l’apprendimento della lettura o della scrittura a scuola, è importante per garantire una sorta di minimo vitale, ma la cultura “generale” così comunicata è essenzialmente morta, ad eccezione di una certa percentuale di visitatori che hanno ereditato o acquisito codici e chiavi, e che hanno il tempo e i mezzi per farli funzionare. D’altronde, le statistiche mostrano che meno del 10% della popolazione ha accesso a questi saperi, anche solo perché gli altri non ne sentono il bisogno. Restano i turisti che costituiscono la grande massa del pubblico dei musei e dei siti storici, ma questa è un’altra storia, che ha a che vedere piuttosto con curiosità e piacere. Questo è il motivo per cui si può chiamare questa museologia “bancaria”: accumula conoscenze, impressioni ed emozioni su “conti culturali” individuali che sono più o meno dormienti. Solo un numero molto limitato di conti produrrà (creerà o diventerà creativo).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
Il museo liberatorio (ecomuseo, museo comunitario, etc.) procede in modo differente. Parte dalla condizione delle persone, nella loro comunità di vita e/o di lavoro, sul loro territorio, dai loro saperi, dalle loro credenze, dalle loro capacità d’immaginazione, d’iniziativa, di cooperazione, per produrre sviluppo sociale, culturale, ambientale, economico. Il patrimonio non è un obiettivo, ma un materiale, uno strumento, un capitale che la comunità impara a conoscere, ad apprezzare per le sue diverse qualità, e a utilizzare o trasformare, per rispondere ai suoi differenti bisogni, collaborando alla pari con le autorità locali. Questa è l’intera questione della sussidiarietà. Conosco molti ecomusei italiani che hanno già ottenuto risultati notevoli rispettando, a volte senza saperlo ma spontaneamente, questo genere di metodi.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Hai affermato che lo sviluppo sostenibile esige una partecipazione consapevole e informata dei cittadini. Ma la democrazia rappresentativa abitua i cittadini a delegare e non a partecipare. Come può essere risolto questo problema ?</em> <em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">È per te un problema politico o educativo?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) È essenzialmente politico e lo si comprende meglio quando si osservano alcuni musei realmente comunitari, come in America Latina, o alcuni musei autoctoni/indigeni in Brasile o in Canada. Esistono solo due modi per raggiungere uno sviluppo locale sostenibile, quindi necessariamente partecipativo, cioè con una co-decisione: o il potere (locale) accetta di essere condiviso con le forze vive della popolazione (la comunità); o la comunità stessa conquista il diritto di condividere la decisione attraverso la negoziazione, la manifestazione o la sanzione elettorale. Il lavoro educativo mira a condurre la popolazione/comunità: 1) a diventare capace di pensare da sola, ad avere fiducia in se stessa, ad appropriarsi del proprio patrimonio e 2) a prendere l’iniziativa e ad affermarsi come soggetto-attore-partner del proprio sviluppo.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) A proposito degli </em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ecomusei realmente comunitari</em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> dell’America Latina, in cosa si differenziano dagli ecomusei europei?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Sono iniziative prese dalle comunità, spesso con l’aiuto di un facilitatore scelto dalla comunità, che è stato formato. Si può consultare: Cuauhtémoc Camarena y Teresa Morales, <em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Manual para la creación y desarrollo de Museos Comunitarios</em>, Fundación Interamericana de Cultura y Desarrollo, 2009, La Paz (Bolivia).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Leggendo i vostri testi e quelli di Paulo Freire, io ho avuto un’idea che oso condividere con te in modo semplice (forse troppo semplice, quasi un sillogismo). L’educazione nelle scuole è generalmente </em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">bancaria</em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">. Coloro che hanno ricevuto un’educazione bancaria tendono a proporre una museologia bancaria. In America Latina una certa parte della popolazione non si è adattata ai processi bancari. Questo si ha perché la scolarizzazione è meno diffusa che in Europa? O forse a causa di condizioni socio-economiche e politiche più difficili? O forse semplicemente grazie ad alcuni pensatori libertari come Freire che hanno proposto un’educazione liberatrice? O ci sono motivazioni differenti?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) I musei comunitari, i musei indigeni o autoctoni, e anche alcuni ecomusei nascono in luoghi in cui l’educazione formale pubblica è poco sviluppata (l’inizio della primaria) e soprattutto dove la posta in gioco è politica: relazioni con i poteri centrali, problemi dei territori, volontà di salvaguardare alcune forme di cultura o di culto che rischiano di essere distrutte dal “progresso”, etc. Praticamente sono le stesse popolazioni che sono state oggetto delle esperienze di Paulo Freire con i contadini del Nord-Est brasiliano (vedi: <em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’educazione come pratica della libertà</em>). Questi musei sono dunque strumenti politici.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Nel capitolo </em>“Conoscenza del patrimonio”<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> del tuo libro </em>Le radici del futuro<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, ci inviti a riflettere sul «concetto di complessità del patrimonio culturale, specchio della complessità della comunità e della sua cultura viva».Tu scrivi che «ogni elemento del patrimonio culturale è frutto di una complessa alchimia tra gli individui, il loro ambiente, le interazioni con gli altri individui e altri ambienti, le influenze esterne». Sono dichiarazioni di un considerevole interesse, che mi ricordano il pensiero del sociologo e teorico della complessità Edgar Morin. Anche Morin è molto interessato alle questioni educative e adotta anche lui una prospettiva multidisciplinare.</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Non ho letto quasi nulla di Edgar Morin, soltanto alcuni articoli nei giornali (io non sono affatto colto e non ho una formazione universitaria). Io reagisco e scrivo sulle mie osservazioni e sulle mie pratiche e non posso confrontare le mie idee con quelle degli intellettuali. Alcune mie frasi possono sembrare profonde, tanto meglio, ma non è intenzionale…</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> (A.S.) Un’ultima domanda. Nei tuoi saggi e articoli l’influenza del pensiero di Freire è evidente quando parli di trasformazione, di cambiamento. Quando un essere umano è ben educato (</em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">coscientizzato</em>“<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">), è pronto a trasformare la realtà, non soltanto a cercare di conservarla così com’è. È anche un concetto politico, non è vero?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Certamente. La realtà, come il patrimonio, è in costante trasformazione. Il patrimonio “decretato” (le collezioni dei musei, i monumenti e i siti classificati) è un tesoro ma è morto poiché si vuole preservarlo eternamente (?) per il suo valore universale (?). Il patrimonio vivo, come la cultura viva, evolve con noi, è utile, può scomparire, servire ad altro, mutare il proprio significato, persino perdere il proprio senso di patrimonio in seguito a cambiamenti nei gusti e nei bisogni di una nuova generazione. Prendersi cura del patrimonio non significa solo conservarlo intatto, si tratta di renderlo utile.</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-41421216096162202542019-08-30T02:58:00.000-07:002020-02-18T03:00:08.245-08:00Quelques questions à Hugues de Varine sur les écomusées, l’éducation et Paulo Freire (par Antonio Saccoccio)<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
Hugues de Varine è il padre e l’ideatore degli ecomusei, ed è da decenni impegnato nel promuovere lo sviluppo locale in numerosi paesi del mondo. Più volte è stato in Italia, ospite delle più importanti realtà ecomuseali.<br />Pubblichiamo qui di seguito l’intervista recentemente rilasciata da de Varine ad Antonio Saccoccio, direttore/coordinatore dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino, che gli ha posto alcune domande relative all’importanza dell’aspetto educativo nel processo ecomuseale. De Varine ha recentemente sviluppato alcuni di questi temi durante il seminario organizzato da ICOM Europa e ICOM CECA à Fundão (Portogallo), in cui ha presentato una relazione intitolata “Le Musée Communautaire, agent d’éducation populaire”. Saccoccio è interessato soprattutto alle idee che de Varine ha ereditato dal pensiero pedagogico di Paulo Freire. Il dialogo intrapreso su questi temi con il museologo e agente di sviluppo francese è una tappa della ricerca portata avanti dal 2013 da Saccoccio, ricerca che coinvolgerà presto altri attori del mondo ecomuseale italiano e non.<br />Si pubblica l’intervista nella lingua in cui è stata condotta (francese). Seguirà una traduzione italiana.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(Antonio Saccoccio) Cher Hugues de Varine, je pense que l’aspect éducatif est fondamental dans le processus des écomusées. Vous en avez aussi parlé très souvent. En particulier, vous citez souvent la pensée pédagogique de Paulo Freire. Vous l’appelez “mon maître”. Quand et comment cette prédilection est-elle née?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(Hugues De Varine) Entre 1970 et 1974, j’ai participé à titre volontaire et militant à la création et au développement d’une ONG internationale d’initiative française appelée INODEP : Institut Œcuménique pour le Développement des Peuples, fondée par des missionnaires catholiques et protestants dans l’esprit de l’encyclique Populorum Progressio et de l’un de ses rédacteurs Louis-Joseph Lebret. Nous avons choisi comme président Paulo Freire, qui était à l’époque en exil en Europe et conseiller du Conseil Œcuménique des Eglises à Genève. Il a accepté et pendant les années suivantes, non seulement il a présidé formellement l’INODEP, mais en plus il nous a enseigné ses idées et ses méthodes. Et naturellement j’ai lu ses livres traduits en français. Il nous a aidés à concevoir les objectifs et les programmes de l’INODEP, en Amérique Latine, en Afrique et aussi en Asie. Puis, lorsque j’ai quitté l’ICOM que je dirigeais pour partir prendre un job en province, j’ai quitté l’INODEP où j’avais présidé l’association française qui gérait l’ensemble.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
En 1972, lorsque je préparais la Table Ronde de Santiago, j’ai demandé à Paul Freire s’il accepterait d’être le principal intervenant de la réunion, ce qu’il a accepté. Mon idée état qu’il réfléchisse au musée comme il avait réfléchi à l’école. Mais le gouvernement dictatorial brésilien a mis son veto. Puis, j’ai revu Paulo Freire une dernière fois, un peu longuement, chez lui, à São Paulo en 1992. Et depuis, ayant beaucoup travaillé au Brésil sur des projets communautaires et patrimoniaux, j’ai retrouvé ses idées qui sont là bas très souvent mises en pratique dans de nombreux domaines. Actuellement, plusieur masters ou thèses de muséologie sont en cours à partir des idées de Paulo Feire.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Vous avez appris de la pensée de Paulo Freire le concept de “culture vivante”. En particulier, avec Arlindo Stefani, un de disciples de Paulo Freire, vous avez élaboré une vaste utopie intitulée “culture vivante et développement”. Qu’est ce que c’est?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) C’est une idée que nous avons eue, Arlindo et moi, en France à la fin des années 70, pour expérimenter des méthodes de développement local participatif, et que nous avons appliquée sur divers projets de terrain, notamment dans des foyers de travailleurs immigrés et dans l‘habitat social. Il s’agissait de partir de l’observation participative de la vie quotidienne, par les gens eux-mêmes, pour les amener à faire naître des propositions concrètes et de les appliquer eux-mêmes au niveau de leur vie quotidienne et des territoires. Ce que nous appellerions maintenant en portugais “capacitação” ou en anglais “empowerment”. Il s’agissait de faire prendre conscience du savoir de chacun dans une démarche collective ou mutualisée, pour ensuite prendre confiance dans sa capacité de résoudre des problèmes réels mais simples, puis progressivement aller vers la solution de problèmes de plus en plus complexes. C’est un processus long et lent, très exigeant en termes de confiance, de maîtrise du langage, avec très peu de moyens techniques et le plus souvent sans aucun soutien des autorités. C’est une utopie réaliste, car nous avons montré que ça marche, mais personne n’y croit parce que de nos jours il faut toujours aller plus vite et obtenir des résultats. Cela ressemble un peu à de l’homéopathie sociale.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Pour ceux qui s’occupent d’écomusées, il est très important de distinguer l’éducation bancaire de l’éducation libératrice. Pourquoi?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Le musée traditionnel, comme l’école, du primaire au supérieur, a pour but d’imposer des savoirs, avec des méthodes plus ou moins sophistiquées (dites “pédagogiques”), mais procédant toujours de haut en bas. C’est une manière d’assurer chez les visiteurs la (re)connaissance d’objets, d’œuvres, de documents, de traditions, de connaissances qui ont été choisis et définis par des savants, porteurs de disciplines académiques (histoire de l’art, histoire, archéologie, ethnologie, sciences de la terre, technologies, etc.). C’est pour la plupart des visiteurs une forme d’assimilation culturelle à la haute culture. Comme l’apprentissage de la lecture ou de l’écriture à l’école, c’est important pour assurer une sorte de minimum vital, mais la culture « générale » ainsi communiquée est essentiellement morte, sauf pour quelques pourcentages des visiteurs qui ont hérité ou acquis des codes et des clés, et qui ont le temps et les moyens de les faire fonctionner. D’ailleurs, les statistiques montrent que moins de 10% de la population ont accès à ces savoirs, ne serait-ce que parce que les autres n’en éprouvent pas le besoin. Restent les touristes qui constituent la grande masse des publics des musées et des sites historiques, mais c’est une autre histoire qui relève plutôt de la curiosité et des loisirs. C’est pourquoi on peut appeler cette muséologie “bancaire”: elle accumule des connaissances, des impressions et des émotions sur des “comptes culturels” individuels qui sont plus ou moins dormants. Seuls un très petit nombre de ces comptes vont produire (être créateurs ou créatifs).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
Le musée libérateur (écomusée, musée communautaire, etc.) procède autrement. Il part de la condition des gens, dans leur communauté de vie et/ou de travail, sur leur territoire, de leurs savoirs, de leurs croyances, de leurs forces d’imagination, d’initiative, de coopération, pour produire du développement social, culturel, environnemental, économique. Le patrimoine n’est pas un objectif, mais un matériau, un outil, un capital que la communauté apprend à connaître, à apprécier pour ses diverses qualités, et à utiliser ou transformer, pour répondre à ses différents besoins, en collaborant à égalité avec les pouvoirs locaux. C’est toute la question de la subsidiarité. Je connais beaucoup d’écomusées italiens qui ont déjà obtenu des résultats remarquables en respectant, parfois sans le savoir mais spontanément, ce genre de méthodes.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Vous avez dit que le développement soutenable exige une participation consciente et informée des citoyens. Mais la démocratie représentative habitue les citoyens à déléguer et non à participer. Comment ce problème peut-il être résolu? Est-ce un problème politique ou éducatif pour vous?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) C’est essentiellement politique et on le comprend mieux quand on regarde des musées réellement communautaires, comme en Amérique Latine, ou des musées autochtones / indigènes au Brésil ou au Canada. Il n’y a que deux façons de parvenir à un développement local soutenable, donc nécessairement participatif, c’est-à-dire à la co-décision : ou bien le pouvoir (local) accepte d’être partagé avec les forces vives de la population (la communauté) ; ou bien la communauté elle-même conquiert le droit de partager la décision par la négociation, la manifestation ou la sanction électorale. Le travail d’éducation vise à amener la population/communauté : (1) à devenir capable de penser par elle-même, à avoir confiance en soi, à s’approprier son patrimoine et (2) à prendre l’initiative et à s’affirmer comme sujets-acteurs-partenaires de son développement.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) À propos des “musées réellement communautaires” d’Amérique Latine, en quoi sont-ils différents des écomusées européens?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Ce sont des initiatives prises par les communautés, souvent avec l’aide d’un facilitateur issu de la communauté, qui a été formé. Tu peux voir: Cuauhtémoc Camarena y Teresa Morales, <em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Manual para la creación y desarrollo de Museos Comunitarios</em>, Fundación Interamericana de Cultura y Desarrollo, 2009, La Paz (Bolivia).</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) En lisant vos textes et ceux de Paulo Freire, j’ai eu une idée que j’ose partager avec vous de manière simple (peut-être trop simple, presque un syllogisme). L’éducation dans les écoles est généralement “bancaire”. Ceux qui ont reçu une éducation bancaire ont tendance à proposer une muséologie bancaire. En Amérique Latine une certaine partie de la population ne s’est pas adaptée aux processus bancaires. Cela se produit-il parce que la scolarisation est moins répandue qu’en Europe? Ou peut-être à cause de conditions socio-économiques et politiques plus difficiles? Ou peut-être simplement grâce à des penseurs libertaires comme Freire qui ont proposé une éducation libératrice? Ou y a-t-il des raisons différentes?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="border: 0px; color: var(--color-text); font-family: inherit; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(H.d.V.) Les musées communautaires, les musées indigènes ou autochtones, et aussi certains écomusées naissent dans les endroits où l’éducation formelle publique est peu développée (début du primaire) et surtout où les enjeux sont politiques: relations avec les pouvoirs centraux, problèmes de territoires, volonté de sauvegarder des formes culturelles ou cultuelles qui risquent d’être détruites par le “progrès”, etc. Pratiquement ce sont les mêmes populations qui ont fait l’objet des expériences de Paulo Freire avec les paysans du Nord-Est brésilien (Voir l’Education, Pratique de la Liberté). Ces musées sont donc des outils politiques.</span><em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Dans le chapitre “Connaissance du patrimoine” de votre livre “Les racines du futur”, vous nous invitez à réfléchir sur la “notion de complexité du patrimoine, reflet de la complexité de la communauté et de sa culture vivante”. Vous écrivez que “chaque élément du patrimoine est le fruit d’une alchimie longue qui implique des individus, leur environnement, des interactions avec d’autres individus et d’autres environnements, des influences extérieures”. Ce sont des déclarations d’un intérêt considérable, qui me rappellent la pensée du sociologue et théoricien de la complexité Edgar Morin. Même Morin est très intéressé par les questions d’éducation et il adopte aussi une perspective pluridisciplinaire.</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Je n’ai presque jamais rien lu d’Edgar Morin, seulement quelques articles dans les journaux (je ne suis pas du tout cultivé et je n’ai pas de formation universitaire). Je réagis et j’écris sur mes observations et mes pratiques et je ne peux pas comparer mes idées avec celles des intellectuels. Certaines de mes phrases peuvent apparaître profondes, tant mieux, mais c’est involontaire…</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<em style="border: 0px; font-family: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(A.S.) Une dernière question. Dans vos essais et vos articles l’influence de la pensée de Freire est claire lorsque vous parlez de transformation, de changement. Lorsqu’un être humain est bien éduqué (conscientisé), il est prêt à transformer la réalité, pas seulement à essayer de la garder telle qu’elle est. C’est aussi un concept politique, n’est-ce pas?</em></div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
(H.d.V.) Bien sûr. La réalité, comme le patrimoine, est en transformation constante. Le patrimoine « décrété » (les collections des musées, les monuments et les sites classés) est un trésor mais il est mort puisqu’on veut le conserver éternellement (?) pour sa valeur universelle (?). Le patrimoine vivant, comme la culture vivante, évolue avec nous, il est utile, il peut disparaître, servir à autre chose, changer de signification, même perdre son sens de patrimoine à la suite de changements dans les goûts et les besoins d’une nouvelle génération. Prendre soin du patrimoine, ce n’est pas seulement le conserver intact, c’est plutôt le faire servir.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Georgia, "Bitstream Charter", serif; font-size: 14px; margin-bottom: 1.7em; outline: 0px; padding: 0px; text-align: right; vertical-align: baseline;">
03-05/08/2019</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-58852651014564855972018-10-08T03:05:00.001-07:002018-10-08T03:05:17.799-07:00Ivan Illich e la libertà di riunione negata dalla scuola<div style="text-align: justify;">
Il diritto alla libertà di riunione è un diritto negato dalla scuola, che ci obbliga a riunirci con altre persone. Questo pensiero di Ivan Illich deve essere ben valutato, il paragone con l'esercito è tutt'altro che peregrino.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Il diritto alla libertà di riunione è da tempo riconosciuto sul piano politico e accettato sul piano culturale. Ma dobbiamo renderci conto che esso è limitato dalle leggi che rendono obbligatorie certe forme di riunione. È il caso, soprattutto, delle istituzioni che arruolano forzosamente in base all'età, alla classe o al sesso, e che assorbono grandi quantità di tempo. Un esempio è l'esercito. Un altro, ancor più scandaloso, la scuola. Descolarizzare significa abolire il potere di una persona di costringere un'altra a partecipare a una riunione. (I. Illich, <i>Descolarizzare la società</i>, 1971)</blockquote>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-60107713583634016592018-07-26T06:23:00.000-07:002018-09-17T06:29:19.520-07:00"Non ho parole. Analfabetismo funzionale e analfabetismo pedagogico", l'ultimo libro di Maurizio Parodi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBgo740DejKPnyzVHTpRaNtXQrGu5K9cHECkYenSQ-gxFOTMEoJLHtM17qNPX1dlZHBeVGgLIe9RvqW9bS9RD64sN0Dm2hEN05Zm7-sOZA9kjrmJxQ8G1Omk9JjaWpxt6Q8cFQ-svCOjU/s1600/NON-HO-PAROLE-copertina_28-12-17-OK.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1100" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBgo740DejKPnyzVHTpRaNtXQrGu5K9cHECkYenSQ-gxFOTMEoJLHtM17qNPX1dlZHBeVGgLIe9RvqW9bS9RD64sN0Dm2hEN05Zm7-sOZA9kjrmJxQ8G1Omk9JjaWpxt6Q8cFQ-svCOjU/s400/NON-HO-PAROLE-copertina_28-12-17-OK.png" width="273" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">È stato pubblicato in
questi giorni, per Armando editore, un brillante saggio di <b>Maurizio Parodi</b>:
“Non ho parole. Analfabetismo funzionale e analfabetismo pedagogico”.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il volume è inserito nella collana
Avanguardia 21, curata da <b>Antonio Saccoccio</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Quali sono
le responsabilità della scuola rispetto al problema dell'analfabetismo
funzionale sempre più diffuso? Il saggio di Maurizio Parodi (promotore, tra le altre
cose, della campagna “Basta compiti!”) fornisce efficaci strumenti di lettura
del “fenomeno” e concreti suggerimenti operativi per riqualificare
didatticamente gli ambienti di apprendimento. Arricchiscono il volume una
prefazione di <b>Roberto Maragliano</b> e una postfazione di <b>Giancarlo Cavinato</b>. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Proprio le parole di Maragliano ben descrivono la peculiarità del saggio di
Parodi: <o:p></o:p></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">«... per liberare la
scuola occorrerebbe descolarizzare la cultura, a cominciare da quella
accademica, e riconoscere che ci sono tanti e tanto diversi modi di concepire,
praticare, insegnare, apprendere la parola parlata, quella letta, quella
scritta. [...] Parodi ci aiuta a dirlo e farlo. [...] La forza politica di
questo suo lavoro sta proprio in ciò, nel proporre, anzi riproporre una
elaborazione compiuta sull’apprendimento linguistico, particolarmente feconda
nel trentennio successivo alla seconda guerra. Compiuta ma dimenticata. O
tutt’al più richiamata ma privata delle sue componenti critiche all’interno dei
documenti istituzionali del presente. Lì, in quella elaborazione, c’è un
preciso e drammatico atto d’accusa rivolto alla scuola stessa: se sono
sgrammaticati, i giovani, è perché ne fanno non già poca, di grammatica, quanto
troppa e troppo manualistica; se scrivono così male è perché le pratiche che si
propongono loro non si confrontano, se non in minima parte, con i meccanismi
della comunicazione pubblica; se leggono male è perché li si è condizionati fin
dall’inizio ad associare lettura a esercizio pedante di analisi del testo.
Questa pars destruens dell’impegno educativo era ben presente e forte nella
letteratura scientifica e didattica cui Parodi fa sistematico riferimento. Basti
pensare, per fare un solo nome, emblematico, a Célestin Freinet. Per costruire
bisogna prima di tutto depotenziare la parte negativa dell’esistente. Vogliamo
dirlo? Per<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>costruire occorre distruggere
ciò che si oppone alla costruzione».</span></blockquote>
<br />Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-44269066874281386682018-01-10T06:56:00.000-08:002018-08-08T06:58:43.797-07:00Quel gran fisico di Richard Feynman<div style="text-align: justify;">
Richard Feynman non è stato solo un fisico, ma un esempio per tutti coloro che amano la conoscenza e la ricerca.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Qui riportiamo una serie di sue affermazioni fondamentali sulla scuola, l'apprendimento, la ricerca: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Non vedevo a cosa servisse un sistema di autoriproduzione nel quale si superano esami per insegnare ad altri a superare esami, senza che nessuno impari mai niente.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nel 1965 riceve il premio Nobel e afferma: </div>
<br />
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Non vedo per quale motivo qualcuno dell’Accademia Svedese debba decidere se questo lavoro sia abbastanza nobile da ricevere il premio. Il premio l’ho già ricevuto. Il premio è il piacere della scoperta, il contributo alla ricerca, il fatto che la gente usa il mio lavoro. Sono queste le cose reali. Le onorificenze non sono reali, secondo me. Non credo nelle onorificenze. </blockquote>
<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Scienza è credere nell’ignoranza degli esperti.</blockquote>
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Non so che cosa non va nella gente: non imparano usando l’intelligenza, ma solo meccanicamente o giù di lì. Il loro sapere è così fragile. </blockquote>
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Un principio generale della fisica è che, non importa quello che una persona pensa, è quasi sempre sbagliato. </blockquote>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-56275870766204974432017-06-27T10:08:00.000-07:002017-06-29T15:41:40.533-07:00Anche l'Ocse boccia la scuola italiana: "Troppi compiti a casa" (La Repubblica, 26-06-2017)<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Se persino gli esperti OCSE si rendono conto del danno causato dalla "compitite" acuta, qualche passo in avanti nella consapevolezza collettiva forse la stiamo compiendo.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6bRWgILJ_iOnx5LzRMlTgU_4wq4sjbfEJ9w9Hze40Ed9bA76kHRzotqn5Y1kNxlsqefq7ZP4uH86Mk7oe2-MRU4cBwGpEcF3r9ipAVhQ-I9bAIUXuYPhS679VXg5gI-zJIpCvMeFIr9A/s1600/basta-compiti-repubblica-ocse.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="410" data-original-width="720" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6bRWgILJ_iOnx5LzRMlTgU_4wq4sjbfEJ9w9Hze40Ed9bA76kHRzotqn5Y1kNxlsqefq7ZP4uH86Mk7oe2-MRU4cBwGpEcF3r9ipAVhQ-I9bAIUXuYPhS679VXg5gI-zJIpCvMeFIr9A/s400/basta-compiti-repubblica-ocse.jpg" width="400" /></a></div>
<br />Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-70227275478360153952017-04-14T07:58:00.000-07:002017-05-01T11:39:22.358-07:00Figli della libertà: nelle sale di nuovo in missione per Gaia (di Alessio Giannetto)<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Nel 2015 una stravagante famiglia ha raccontato, con il suo
primo documentario dal titolo </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Unlearning</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">, un viaggio durato sei mesi,
senza soldi, alla ricerca di modelli diversi dalla famiglia mononucleare di
citt</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">, cercandoli per l</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">appunto in circhi, comuni ed
ecovillaggi. Questo lavoro, prodotto interamente dal basso, </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">stato pluripremiato in molti
festival europei e proiettato in oltre 110 cinema. Adesso il regista Lucio
Basadonne, sua moglie Anna Pollio, assieme alla loro figlia Gaia, arrivano a
presentare la loro seconda opera, frutto di un</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">altra avventurosa ricerca, con il loro nuovo documentario dal
titolo </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Figli della Libert</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">, proiettato in anteprima il 7
marzo in ben 37 citt</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">(altre proiezioni stanno ancora
continuando a pieno ritmo in tutta Italia) grazie alla riuscita raccolta fondi
preliminare mediante crowdfunding, che ha permesso loro anche questa volta di
sostenere le spese di produzione. La presentazione nelle varie sale in tutta
Italia </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">stata introdotta da educatori
ed esperti che hanno collaborato dal basso alla raccolta fondi e alla
promozione. A Catania il sociologo Augusto Gamuzza ha introdotto l</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">anteprima, in una serata molto
partecipata (lui stesso era tra coloro che danno la loro testimonianza all</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">interno del documentario) ed ha
anche coordinato e animato il dibattito che ha seguito la proiezione. </span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span><br />
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;"><br /></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqHHcudpW9UgvbFw0b_mH71I5v_QlmsaNlnJxeco2J-EunmzEZambYGjRGfcNUtwwY2HvwA5sfJ8NtOOy8uz1kF4RiRmXa1rkyw2_s_kT4LdhkFbBBLR2P7K3tccfVGHzaL9NB6i6Kq8Q/s1600/Imparare-rimanendo-Figli-della-liberta_articleimage.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqHHcudpW9UgvbFw0b_mH71I5v_QlmsaNlnJxeco2J-EunmzEZambYGjRGfcNUtwwY2HvwA5sfJ8NtOOy8uz1kF4RiRmXa1rkyw2_s_kT4LdhkFbBBLR2P7K3tccfVGHzaL9NB6i6Kq8Q/s400/Imparare-rimanendo-Figli-della-liberta_articleimage.jpg" width="400" /></a></div>
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;"><br /></span>
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext;">“Incominciando col gustare un po’ di libertà, si
finisce per volerla tutta”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Come non stupirsi nel trovare questa citazione dell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">anarchico Errico Malatesta
proprio all</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">inizio
della prima scena di </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Figli
della Libert</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">. Il documentario comincia la sua narrazione seguendo i
legittimi dubbi che iniziano a covare Anna e Lucio nel constatare i primi
risultati ottenuti dalla diversa istruzione che hanno deciso di dare a Gaia
dopo l</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">aver scelto di mandarla in una
scuola libertaria anzich</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">é</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">in un classico istituto
scolastico. Si viene lasciati sospesi quasi tutto il tempo, senza facili
partigianerie, in uno <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">scenario fatto di quei dilemmi e coraggiose speranze, che
inevitabilmente ogni genitore affronta quando sceglie un tipo di educazione
alternativo per i propri figli. </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Stiamo
salvando Gaia dagli effetti grandemente deleteri dell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">ingabbiante scolarizzazione
istituzionale o la stiamo condannando a trovarsi un giorno impreparata quando
uscir</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">dall</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">isola felice per affrontare
questo difficile mondo?</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">.
Per sciogliere questi dubbi, Anna e Lucio, compiono una </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">missione eroica</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">, per la quale credo verranno
ringraziati da tanti altri genitori che si pongono o che si porranno tali
domande. Scelgono di nuovo di rimettersi in viaggio con Gaia per andare in
cerca di esperti di pedagogia, pensatori, genitori, bambini e ragazzi che
seguono o impartiscono pedagogie anti-autoritarie e insegnamenti di tipo parentale,
fino a scovare pure chi a scuola non c</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">mai andato, riuscendo lo stesso ad affermarsi nella vita. Tra
queste figure troviamo il noto regista Silvano Agosti e il libertario Paolo
Mottana, docente universitario di filosofia dell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">educazione alla Bicocca di Milano. Degno di nota inoltre </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">il loro essersi spinti anche
nella nota scuola di Summerhill in Inghilterra, dove da quasi un secolo si
applicano metodi pedagogici alternativi e anti-autoritari. L</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">ì</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">hanno intervistato alcuni
alunni ed ex-alunni che hanno testimoniato le loro incoraggianti esperienze,
ricordandoci, tra l</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">altro,
che queste pratiche, per quanto possano sembrare nuove, esistevano gi</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">dai tempi di Tolstoj. In questo
itinerario sono quindi riusciti a condividerci il pensiero e le esperienze di
tutti questi ricercatori, anche per cercare di rassicurare la simpatica nonna
siciliana di Gaia, profondamente scettica e preoccupata rispetto alle scelte
inusuali di Lucio ed Anna. </span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Pregevole </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">la possibilit</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">data allo spettatore di
sbirciare all</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">interno
di questi interessanti e sfuggenti arcipelaghi sulle </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">altre</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">”</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">forme di pedagogia. </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">È</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">utile sapere che queste
esperienze in Italia, secondo gli ultimi dati forniti dal ministero dell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">istruzione, registrano un
significativo incremento. Sarebbe di certo sorpresa la nonna di Gaia nel sapere
che proprio la Sicilia </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">in testa alla classifica rispetto
alle regioni pi</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">ù</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">coinvolte, soprattutto nell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">istruzione parentale. </span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Dopo la proiezione si </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">animato un breve dibattito che
ha chiarito, attraverso le parole di Gamuzza, come sia necessario un percorso
di approfondimento teorico e metodologico sulle questioni relative alle
pratiche di educazione alternativa in Italia. Obiettivo che si inserisce in un
percorso di ricerca intrapreso dalla cattedra di Sociologia del Dipartimento di
Scienze della Formazione dell</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">’</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Universit</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">di Catania al fine di
contestualizzare scientificamente le tante esperienze e scelte familiari che
cominciano a prendere piede e che meritano maggiore studio.</span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">A riprova di questo fermento, stando sempre ai numeri diffusi
dal ministero riguardo la nostra isola, il 17</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">–</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">18 settembre 2016 si </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">tenuto il secondo Meeting
Homeschooling Sicilia, a San Saba, in provincia di Messina; mentre si terr</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">un nuovo raduno della Rete
Scuola Famigliare dal 15 al 21 aprile a Piedimonte Etneo. La stimolante visione
di questo documentario ci interroga sul come porsi rispetto alle prassi di
scolarizzazione autoritaria e ai gravi effetti sociali ed esistenziali che ne
derivano e che spesso tutti portiamo ancora sulle spalle. </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">Figli della Libert</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">à”</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">sicuramente </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">è</span><span style="color: windowtext; mso-hansi-font-family: "Trebuchet MS";"> </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">un ottimo strumento di
riflessione e ci spinge in qualche modo a intraprendere, ognuno per quel che pu</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">ò</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">, qualche altra importante </span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">“</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">eroica missione</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-ascii-font-family: Calibri;">”</span><span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;">. </span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 1.0pt; text-align: right;">
<span style="color: windowtext; font-family: "trebuchet ms" , "sans-serif"; mso-hansi-font-family: Calibri;"><b>Alessio Giannetto</b></span><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-20988263809216148832017-03-30T12:16:00.001-07:002021-11-03T01:01:12.429-07:00La scuola è una struttura di disciplinamento (Paolo Mottana)<div style="text-align: justify;">
La scuola è una struttura di disciplinamento. Questo è un fatto che noi non possiamo disconoscere. Tutto il suo dispositivo, tutto il sistema di regole, di procedure, di orari, di tempi, di spazi, tutto questo lavora per disciplinare i corpi, per renderli docili, per far sì che obbediscano, perché diventino dei sudditi. Il sistema di valutazione non verrà mai tolto dalla scuola perché è il sistema attraverso su cui si impara ad avere paura dell’autorità e a fare le cose anche se non ci piacciono. La scuola funziona solo con il sistema di valutazione. Togliamo la valutazione e la scuola cade come un castello di carte. È evidente questo. Quindi, o si cambia la struttura e si entra in un’altra dimensione e si comincia a pensare alla vita dei bambini e dei ragazzi in un’altra chiave, ci si pone altri interrogativi, che sono quelli che poi vedremo, oppure si resta intrappolati in contraddizioni insanabili.</div>
<br /><br />
<br />
[ tratto da Paolo Mottana, <i>Tutta un'altra educazione</i>, in "Educazione Aperta", n. 1, inverno 2017, pp. 24-31: http://educazioneaperta.it/wp-content/uploads/2017/03/EA_1_2017.pdf ]Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-89006291399302661092017-03-02T12:18:00.000-08:002017-06-05T02:09:21.279-07:00Educazione Aperta, una rivista per aprire la scuola<div style="text-align: justify;">
E' uscito il numero 1 di "Educazione aperta", una rivista che diventerà un punto di riferimento per l'educazione libertaria. I contributi di questo primo numero sono molto significativi. Questo l'indice:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
La Comunità di Ricerca, Editoriale<br />
<br />
PRIMOPIANO / FUORI REGISTRO. LA SCUOLA CHE CAMBIA DAL BASSO<br />
A. Crippa, Presentazione<br />
L. Mastrorocco, Introduzione<br />
R. Rostagno, Manifesto per una rivoluzione della scuola<br />
P. Mottana, Tutta un’altra educazione<br />
A. Vigilante, Costruire una scuola dialogica. La Maieutica Reciproca<br />
C. Moreno, La relazione educativa è pericolosa?<br />
A. Hiribarren, Présentation du Collège Clisthène (Bordeaux)<br />
E. Zecchi, Project Based Learning<br />
M. Bianchini, V. Giovannini, Scuola-città Pestalozzi di Firenze.Un percorso di innovazione didattica e organizzativa: dalla scuola laboratorio alla wikischool<br />
A. Patti, Keep calm: è solo un FabLab<br />
P.P. Traversari, Apprendere dall’esperienza. Campus di lavoro nell’Arcipelago Toscano<br />
E. Martinelli, Cambiare la scuola davvero si può: don Milani insegna ancora<br />
M. Ridolfi, Raccontar di Mario Lodi. Un maestro che insegna a costruire insieme<br />
<br />
ESPERIENZE & STUDI<br />
D. Buraschi, F. Amoraga Montesinos, N. Oldano, Dialogo e trasformazione nei processi partecipativi. L’esperienza dei laboratori dialogici nelle Isole Canarie<br />
C. Secci, La scuola popolare: esperienza peculiare dell’educazione degli adulti in Italia. Significati storici e prospettive future<br />
F. Gambassi, Un futuro senza scuola? Proposte per salvarsi dalla descolarizzazione<br />
A. Saccoccio, Critica e superamento della valutazione quantitativa<br />
R. Palma, Dream Project. La democrazia affettiva entra nelle scuole<br />
E. Bottero, Costruire la scuola come spazio pubblico<br />
G. Monaca, Bimbisvegli. Una scuola per piccoli che pensano in grande<br />
<br />
BLOG<br />
F. Chiantese, Il teatro come artigianato delle relazioni<br />
P. Fasce, L’errore di reazione: refrattari al pensiero scientifico<br />
P. Vittoria, Tutte le bugie su Cuba<br />
M. Parodi, Per un giuramento del docente<br />
A. Vigilante, Marx o il Buddha?<br />
M. Mundi, Ti darò il sole. Un libro per costruire traballanti piramidi umane<br />
<br />
<b>La rivista si può leggere e scaricare gratuitamente a <a href="http://educazioneaperta.it/wp-content/uploads/2017/03/EA_1_2017.pdf" target="_blank">questo link</a>. </b><br />
<b>Si può acquistare la copia cartacea su <a href="https://www.amazon.it/Educazione-Aperta-numero-Inverno-2017/dp/8822898818/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1492891781&sr=1-1&keywords=9788822898814" target="_blank">Amazon</a>.</b>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-19680065746618900352016-10-03T02:43:00.000-07:002016-10-03T02:43:48.814-07:00"Scuola fai-da-te, così si rovescia l'insegnamento" (articolo sulla scuola parentale, La Stampa)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA7j80lgTqcfd-sA93uZgQ_JCeQkyQ4n3xZZz4Ls_qCA7RXNg4yqfEVLMrg4sKX_o8NER1x1MydBIdshYX5q4fxQsX_aCf5vnVPryDOXSqsbR-xSaOJ3OLB64xgp16U5PP2SYxbE_pwyc/s1600/scuola_a_casa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA7j80lgTqcfd-sA93uZgQ_JCeQkyQ4n3xZZz4Ls_qCA7RXNg4yqfEVLMrg4sKX_o8NER1x1MydBIdshYX5q4fxQsX_aCf5vnVPryDOXSqsbR-xSaOJ3OLB64xgp16U5PP2SYxbE_pwyc/s320/scuola_a_casa.jpg" width="242" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgeN2LqK5VHwD1EmodduPob77OGCdIBvljir2pAL5B5qPMdYyJPb_RMJmYXWPXyYLkCL9jNj1bIWqNB_nT8UsZoG3TAkOIFsFKOVD586zDrHhLczVbX1ZfhrUwXLTJnJ6uwnbWs08AQWJM/s1600/scuola-a-casa-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgeN2LqK5VHwD1EmodduPob77OGCdIBvljir2pAL5B5qPMdYyJPb_RMJmYXWPXyYLkCL9jNj1bIWqNB_nT8UsZoG3TAkOIFsFKOVD586zDrHhLczVbX1ZfhrUwXLTJnJ6uwnbWs08AQWJM/s320/scuola-a-casa-2.jpg" width="232" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPmPjlkmZvKqeh51j0aDVOCfS_vllCV2ud7pwnT2ugLk6NIG9rFlvWQXIe7RJunGQeisxDVVauBitqM3onTywTjaHTRTNNt9G4GapqEcAat6ar9Ovrf2ZKLagh84T8Me1pyPKY76pidMY/s1600/scuola-a-casa-3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPmPjlkmZvKqeh51j0aDVOCfS_vllCV2ud7pwnT2ugLk6NIG9rFlvWQXIe7RJunGQeisxDVVauBitqM3onTywTjaHTRTNNt9G4GapqEcAat6ar9Ovrf2ZKLagh84T8Me1pyPKY76pidMY/s320/scuola-a-casa-3.jpg" width="231" /></a></div>
<br />Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-62285458319182221322016-05-11T15:31:00.001-07:002016-05-11T15:31:29.650-07:00Boicottaggio test INVALSI 2016 (volantini da scaricare creati dall'Unione degli Studenti)<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
L'Unione degli Studenti, unitamente alla <i>Lettera degli studenti ai docenti</i>, <a href="http://descolarizzazione.blogspot.it/2016/05/con-lunione-degli-studenti-e-contro-i.html" target="_blank">di cui abbiamo già parlato</a>, ha diffuso semplici volantini per ricordare a tutti le modalità per opporsi alla somministrazione dei test INVALSI. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiq17r-FL1BUoiPYDtnKRLcvyhG1zqgRUtR-AzT8eSItMn2vhaxKx8ermdQ1JgO3dg2pEKa6ZbN-WPm_jjiw8xWyARyd206dz5E7gmXRVlYa6kRiOLdQEqMc7fLS7cD-GQNRJhFyYcEwDE/s1600/INVALSI-rosso_1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiq17r-FL1BUoiPYDtnKRLcvyhG1zqgRUtR-AzT8eSItMn2vhaxKx8ermdQ1JgO3dg2pEKa6ZbN-WPm_jjiw8xWyARyd206dz5E7gmXRVlYa6kRiOLdQEqMc7fLS7cD-GQNRJhFyYcEwDE/s400/INVALSI-rosso_1.png" width="281" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNFSIJzGOU1XD4NrsxTDmV5hqAEsgEJtJ08xNBfd5SZNZkjWuJ-7ct8e9Ng4W3YiDyhRUa2Whks1MLyz_JEHfvox-iqz9oEA02tl3-NVX1lUtJLv10keJcRiGZkWPWpe0CJQFOytVgUko/s1600/INVALSI-rosso_2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNFSIJzGOU1XD4NrsxTDmV5hqAEsgEJtJ08xNBfd5SZNZkjWuJ-7ct8e9Ng4W3YiDyhRUa2Whks1MLyz_JEHfvox-iqz9oEA02tl3-NVX1lUtJLv10keJcRiGZkWPWpe0CJQFOytVgUko/s400/INVALSI-rosso_2.png" width="281" /></a></div>
<br />Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-64612479888841714422016-05-05T03:21:00.001-07:002016-05-05T03:27:35.603-07:00Con l'Unione degli Studenti e contro i test Invalsi: stop allo studente-numero<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">È partita
anche quest’anno la sacrosanta campagna per boicottare i test Invalsi che si svolgeranno il 12 maggio. Tra i più motivati
e accesi sostenitori della battaglia anti-Invalsi troviamo ancora una volta le ragazze e i ragazzi dell’<b><a href="http://www.unionedeglistudenti.net/" target="_blank">Unionedegli Studenti</a></b>, capaci di un’azione sapiente, coordinata e realmente meritevole del più
ampio sostegno possibile.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">L’Unione
degli Studenti ha diffuso una <b><a href="http://www.unionedeglistudenti.net/sito/wp-content/plugins/download-monitor/download.php?id=287" target="_blank">Lettera ai docenti per lottare assieme contro i test Invalsi</a></b>, in cui non solo si
invita a boicottare i test, ma si invitano i docenti in quelle ore a intavolare
con i ragazzi un dibattito sul tema della valutazione.<b><o:p></o:p></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">Nella
lettera si legge una sentenza definitiva contro la valutazione numerica: <o:p></o:p></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">La
scuola che boccia, che esclude e che costringe il campo della valutazione ad un
singolo numero, ha fallito e non ha un riscontro positivo nelle classi e tra
noi studenti.</span></blockquote>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">Ma si
aggiunge anche la proposta di una nuova visione della valutazione, una valutazione
narrativa: <o:p></o:p></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">Noi da
anni pensiamo a qualcosa di diverso e tentiamo di immaginare <b>una valutazione alternativa</b> che non
serva solo a schedare e a banalizzare il percorso formativo riducendolo ad un
singolo numero. È proprio per tutto questo che proponiamo <b>una valutazione narrativa</b> che consideri complessivamente lo
studente con il suo bagaglio culturale, le sue passioni, le sue attitudini, le
sue potenzialità e i suoi miglioramenti. Vogliamo che la scuola ci stimoli, ci
aiuti e ci sostenga, non vogliamo che ci classifichi e che ci abitui alla
competizione, all’individualismo e al conformismo, non vogliamo una scuola
attenta solo al risultato finale e non al percorso conoscitivo ed educativo. Non
vogliamo essere schedati, né essere considerati solo numeri, ma vogliamo essere
valutati per quello che siamo e che sappiamo.</span></blockquote>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">Infine,
ecco l’appello ai docenti per unire le forze:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">Cari
docenti, vi chiediamo di costruire con noi prima e durante il 12 maggio <b>momenti
di dibattito</b>, perché riteniamo imprescindibile condurre questa battaglia
insieme. Siamo le studentesse e gli studenti che ogni giorno vedete crescere
davanti ai vostri occhi; siamo le studentesse e gli studenti che pretendono che
la scuola pubblica fornisca loro competenze critiche e non solo abilità
quantificabili e nozioni; siamo le studentesse e gli studenti che ogni giorno
interrogate nelle vostre classi su materie per nulla attinenti con questi test
INVALSI. Crediamo che una valutazione del sistema per individuarne le lacune
sia necessaria, ma per noi la valutazione è un’altra cosa: non una schedatura,
ma una presa di coscienza e responsabilità collettiva; non il criterio per
assegnare premi o formulare assurde frasi fatte sul divario nord/sud, ma un
dato per promuovere scelte politiche di inversione di tendenza. <b>Vi chiediamo di
discuterne con noi nelle classi quando consegneremo le prove in bianco,
trasformando le ore dedicate al test in ore di dibattito propositivo sulla
nostra idea alternativa di scuola</b>.</span></blockquote>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Ancora
una volta, l’Unione degli Studenti mostra di avere una visione assai più evoluta
rispetto a quella di chi governa il Paese. La proposta di una valutazione
narrativa è un primo grande passo per uscire fuori dalla dittatura della valutazione
e dell’ottusa meritocrazia. </span></div>
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";"><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Invitiamo tutti i docenti libertari a trovare punti di contatto con l’Unione
degli Studenti, per unire realmente tutti coloro che si oppongono alla
scuola-carcere contemporanea. Sono questi giovani la nostra speranza per un futuro libero dall'attuale schiavitù produttivistica. Il 12 maggio non lasciamoli soli.</span></span></div>
<span style="font-family: "times new roman" , "serif";">
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Antonio Saccoccio</span></div>
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMFebQSvL2lRq557BDcUigf0mdv0kGR7NlkGC3FvSZ-qOkqRcVsEgGGNqZKCbr1k24yKK8pGJCX_5cgVre4YEAS5HTLUIutdtTAvXIw3Cqsm9cf4Y0uVnCJoye5EPMstL6_3ZVp5KB56U/s1600/nessuno-ci-pu%25C3%25B2-giudicare.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMFebQSvL2lRq557BDcUigf0mdv0kGR7NlkGC3FvSZ-qOkqRcVsEgGGNqZKCbr1k24yKK8pGJCX_5cgVre4YEAS5HTLUIutdtTAvXIw3Cqsm9cf4Y0uVnCJoye5EPMstL6_3ZVp5KB56U/s400/nessuno-ci-pu%25C3%25B2-giudicare.png" width="282" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit7ldScfUwfn7yimq6JlsdrlumqsshAz5nCut5SSabZ_t0Rce3Svb_hs2xRCNgeiARwDGc0K80lnxKjOVBO7iZlfiijp7i02fCcmF6L_y9dX7x5pR7aqvoCTviCni4k_2MKcurGZ_4HxM/s1600/io-non-sono-un-4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit7ldScfUwfn7yimq6JlsdrlumqsshAz5nCut5SSabZ_t0Rce3Svb_hs2xRCNgeiARwDGc0K80lnxKjOVBO7iZlfiijp7i02fCcmF6L_y9dX7x5pR7aqvoCTviCni4k_2MKcurGZ_4HxM/s400/io-non-sono-un-4.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<o:p></o:p></span>Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-83996731707745935742016-02-04T04:04:00.000-08:002016-05-05T03:23:04.475-07:00Le sette lezioni di John Taylor Gatto: 7. Non ci si può nascondere<div style="text-align: justify;">
7. NON CI SI PUÒ NASCONDERE</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La settima lezione che insegno è che non ci si può nascondere. Io insegno ai bambini che sono sempre tenuti d’occhio, che ognuno è sorvegliato costantemente da me e dai miei colleghi. Non esistono spazi privati per i bambini, non esiste del tempo privato. Il cambio di classe dura trecento secondi per mantenere a livelli bassi la socializzazione indiscriminata. Gli studenti vengono incoraggiati a spettegolare su loro stessi o anche sui propri genitori. Naturalmente io incoraggio i genitori anche a prendere nota della cocciutaggine del proprio figlio. Una famiglia addestrata a fare la spia su se stessa è improbabile che nasconda eventuali segreti pericolosi. Io assegno un tipo di istruzione allargata chiamata “compiti a casa”, di modo che l’effetto della sorveglianza, se non quella stessa sorveglianza, si rechi nella sfera privata delle famiglie, dove gli studenti altrimenti potrebbero usare il tempo libero per imparare qualcosa di non autorizzato da un padre o da una madre, esplorando, o facendo pratica da qualche persona saggia del vicinato. La slealtà nei confronti dell’idea di istruzione è un diavolo sempre pronto a trovare un lavoro per mani oziose. Il significato della sorveglianza costante e della negazione della privacy è che non si può aver fiducia di nessuno, che la privacy non è lecita. La sorveglianza è un antico imperativo, sposato da certi pensatori influenti, una prescrizione fondamentale messa per iscritto nella Repubblica, nella Città di Dio, nell’Istituzione della religione cristiana, nella Nuova Atlantide, nel Leviatano, e in un mucchio di altre opere. Tutti questi uomini senza figli che scrissero questi libri scoprirono la stessa cosa: i bambini devono essere controllati da vicino, se si vuole mantenere una società sotto uno stretto controllo centrale. I bambini seguiranno un percussionista solitario se non si riesce ad inserirli in una banda uniformata.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
John Taylor Gatto</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-5274434405728395932015-10-15T03:29:00.000-07:002016-03-27T02:32:09.194-07:00Le sette lezioni di John Taylor Gatto: 6. Autostima provvisoria<div style="text-align: justify;">
6. AUTOSTIMA PROVVISORIA</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La sesta lezione che insegno è quella dell’autostima provvisoria. Se avete mai provato a lottare con un ragazzo giunto al livello in cui i genitori lo hanno convinto a credere che lo ameranno malgrado tutto, sapete già quanto impossibile sia riuscire a conformare gli spiriti che sono sicuri di sé. Il nostro mondo non sopravvivrebbe a lungo ad un’alluvione di persone sicure di sé, quindi io insegno che il rispetto di sé dovrebbe essere subordinato all’opinione di un esperto. I miei ragazzi sono costantemente valutati e giudicati. Una relazione mensile, la cui preparazione è impressionante, viene inviata a casa degli studenti per segnalare l’approvazione o per indicare esattamente, fino ad un particolare punto percentuale, quanto dovrebbero essere scontenti i genitori dei loro figli. L’ecologia della “buona” istruzione dipende dal fatto di perpetuare l’insoddisfazione, proprio quanto l’economia commerciale dipende dallo stesso fertilizzante. Benché alcune persone possano essere sorprese di quanto poco tempo o riflessione ci voglia per raggiungere questi record matematici, il peso complessivo di documenti apparentemente oggettivi stabilisce un profilo che obbliga i bambini a giungere a certe decisioni su loro stessi ed il loro futuro basate sul giudizio accidentale di un estraneo. L’auto-valutazione, argomento principale di ogni grande sistema filosofico che sia mai apparso sul pianeta, non è mai considerata un fattore. La lezione delle pagelle, dei voti, e degli esami è che i bambini non dovrebbero aver fiducia in se stessi o nei loro genitori, ma dovrebbero invece fare affidamento sulla valutazione di funzionari certificati. La gente ha bisogno di sentirsi dire quanto vale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
John Taylor Gatto</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-5889542375216099462015-05-06T16:54:00.001-07:002015-05-06T16:54:45.987-07:00Il teatrino degli esami (di Ferdinando Ciani)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ci
si appresta come ogni anno al solenne rito degli esami. Passata di scena la
prova di 5° classe nella scuola primaria, con un po’ di rammarico da parte
di tante maestre ma sicuramente non da
parte degli allievi, rimangono gli esami di terza media e quelli della
maturità. Quasi a voler compensare l’assenza dell’esame di 5°, quello di terza
media è stato reso alquanto impegnativo: cinque prove scritte e un colloquio
orale su tutte le materie. In relazione all’età un esame più complesso di
quello di maturità o di un esame di laurea. Certo la teoria per cui un esame
deve mettere alla prova l’allievo, perché le prove fanno crescere e comunque è
necessario testare la maturità dei giovani prima che entrino nel mondo delle
responsabilità sociali, ha sicuramente qualche fondamento. Il dubbio semmai
viene guardando come sono pensati e realizzati: contenuti da sapere, saper
ripetere o saper commentare, meglio se secondo il pensiero guida dell’insegnante.
La maturità che la società dovrebbe verificare
viene così falsificata sia da un tipo di apprendimento
“canalizzato” sia dal conseguente
disinteresse della maggior parte degli allievi per la maggior parte di quei
contenuti. Ogni insegnante inoltre conosce bene cosa sa o non sa ogni suo
allievo; lo ha seguito per anni , nel bene o nel male e non ha certo bisogno di
nuove prove per scoprirlo. Gli esami divengono con ciò un’ enorme finzione
collettiva in cui allievi, insegnanti e commissari esterni
recitano la parte assegnata: i primi dimostrando di aver bene imparato
il copione, i secondi emettendo giudizi di cui conoscono già l’approssimazione
e la presunzione, i terzi controllando che
l’apparenza del sistema sia salva.
Quale maturità si può verificare con un esame in cui l’allievo può solo
rispondere a domande dalla soluzione
obbligata? Ed è davvero una prova temprante quella a cui viene sottoposto o una
semplice prova di resistenza allo
stress? Occorre uscire da questo teatrino antiquato degli esami per ridare
senso a tutta la scuola, perché tutta la scuola, la vita di classe, i
programmi, le valutazioni, i rapporti con le famiglie e con gli allievi, in
fondo, dipendono dagli esami finali, convergono verso quell’unica meta che è il riuscire a superarli. Perché invece
non trasformare gli esami in occasioni di ricerca? Chiedere ad esempio agli
allievi di affrontare temi di loro
scelta (o scelti assieme ai propri insegnanti in relazione al tipo di scuola frequentato) compiendo vere
ricerche sperimentali in cui mettersi davvero alla prova, che siano la somma, il
compendio di tutto ciò che hanno sviluppato nel proprio percorso scolastico,
non solo in termini di conoscenze ma di capacità progettuale,di fantasia, di
capacità tecnica, di capacità analitica e critica, di espressione, di lavoro cooperativo, etc.;
una sorta di tesi di laurea che esprima
davvero la maturità del candidato, il suo pensiero, il suo lavoro, la sua
intelligenza. Un esame in cui gli esaminatori ascoltino più che chiedere; che
serva ad accrescere il piacere per la conoscenza negli allievi ma anche tra gli
stessi insegnanti, questi ultimi sempre più demotivati da un sapere trasmesso
ma non ricevuto dai ragazzi. Un esame capace di trascinare tutto l’indotto
precedente in una nuova visione di scuola dove non si ripetono sempre e solo le stesse nozioni astratte, gli stessi
programmi, ma si impara a ricercare, a pensare e ad esprimere i propri talenti
per la propria felicità e per il bene comune. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ferdinando
Ciani<o:p></o:p></span></b></div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-52266525780879558252015-04-24T04:32:00.000-07:002015-04-24T04:35:05.644-07:00Le sette lezioni di John Taylor Gatto: 5. Dipendenza intellettuale<div style="text-align: justify;">
5. DIPENDENZA INTELLETTUALE<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La quinta lezione che insegno è quella della dipendenza intellettuale. Le persone in gamba aspettano che un insegnante dica loro cosa fare. E’ la lezione più importante: dobbiamo attendere che altre persone, più esperte di noi, creino i significati delle nostre vite. L’esperto fa tutte le scelte importanti; solo io, l’insegnante, sono in grado di stabilire cosa voi dobbiate studiare, o piuttosto, solo le persone che mi pagano possono prendere quelle decisioni che io poi metto in atto. Se mi viene detto che l’evoluzione è un dato di fatto e non una teoria, io trasmetto questo come mi è stato ordinato, punendo i devianti che si oppongono a ciò che mi è stato detto di dire loro di pensare. Questo potere di controllare ciò che i bambini penseranno mi permette di separare con successo gli studenti dai fallimenti molto facilmente. I bambini di successo pensano che io li nomini con un minimo di resistenza e un’onesta parvenza di entusiasmo. Tra milioni di cose che meriterebbero di essere studiate, stabilisco io qual è quel poco per cui abbiamo tempo, o meglio, sono i miei anonimi datori di lavoro che lo decidono. Le scelte spettano a loro, perché dovrei discutere? La curiosità non ha un ruolo importante nel mio lavoro, solo la conformità ce l’ha. Naturalmente i ragazzi cattivi sfidano tutto ciò, anche se mancano loro i concetti per sapere contro cosa combattono, e lottano per prendere decisioni per se stessi su cosa impareranno e quando lo impareranno. Come possiamo permettere questo e nello stesso tempo sopravvivere come insegnanti? Per fortuna ci sono dei metodi per forzare la volontà di coloro che oppongono resistenza; certo, è più difficile se il ragazzo ha dei buoni genitori che vengono in suo aiuto, ma questo accade sempre meno, malgrado la cattiva reputazione che hanno le scuole. A dire il vero, io non ho mai incontrato nessun genitore appartenente al ceto medio che pensasse che la scuola di suo figlio rientrasse tra quelle scadenti. Non un solo genitore in ventisei anni d’insegnamento. Questo è sorprendente ed è probabilmente la miglior testimonianza di ciò che accade alle famiglie quando madre e padre sono stati essi stessi ben istruiti, attraverso l’insegnamento delle sette lezioni. Le persone in gamba aspettano che sia un esperto a dir loro cosa fare. Non è certo un’esagerazione affermare che la nostra intera economia dipende da quanto viene appresa questa lezione. Pensate che rovina se i ragazzi non venissero educati ad essere dipendenti: le imprese che si occupano di servizi sociali non potrebbero certo sopravvivere; sparirebbero, penso, in quel limbo della storia recente dal quale sono sorte. Consulenti e terapeuti guarderebbero con orrore sparire le loro scorte di invalidi psichici. L’intrattenimento commerciale di ogni sorta, compresa la televisione, appassirebbe nel momento in cui la gente imparasse di nuovo a divertirsi da sé. Ristoranti, rosticcerie e un gran mucchio di altri servizi assortiti legati alla ristorazione verrebbero drasticamente ridimensionati se le persone tornassero a prepararsi il cibo da sole, invece di dipendere da estranei che piantano, raccolgono, tritano, e cucinano per loro. Anche una buona parte del diritto moderno, della medicina, e dell’ingegneria verrebbe meno, così come l’industria dell’abbigliamento e l’insegnamento scolastico, a meno che ogni anno una scorta assicurata di persone incapaci non continuasse ad uscire a frotte dalle nostre scuole. Non siate troppo pronti a votare a favore della riforma radicale della scuola, se volete continuare a ricevere la busta paga. Abbiamo costruito un modo di vivere che dipende da persone che fanno ciò che viene loro detto, perché non sanno come dire a loro stesse cosa fare. Questa è una delle più grandi lezioni che insegno.</div>
<br />
<br />
<div style="text-align: right;">
John Taylor Gatto</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-82258815733466004552015-03-26T01:34:00.000-07:002015-04-08T01:36:09.073-07:00Poletti e le vacanze scolastiche: l'ennesimo inno all'ansia produttivistica contemporanea<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il ministro del Lavoro Poletti ha dichiarato che occorre ridurre le vacanze estive dei ragazzi sostituendole con percorsi
formativi e lavorativi. La sua demonizzazione delle “vacanze”, unita alla
glorificazione della “formazione” e del “lavoro”, costituiscono la grottesca decadente
rappresentazione del pensiero totale che ha condotto il mondo occidentale nell’attuale
profondissima crisi culturale, sociale, morale e intellettuale. Ciò che
sconcerta maggiormente è l’incapacità della quasi totalità dei politici di
professione (anche appartenenti alle “opposizioni”) di rispondere adeguatamente
a simili sproloqui.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ci ha pensato, in
parte, Massimo Cacciari, intervistato dal “Fatto Quotidiano”, a ridicolizzare
le affermazioni ministeriali. In realtà le prime affermazioni del filosofo sono
state piuttosto vaghe e non hanno colto affatto il bersaglio. Di ben altro
tenore la seconda parte dell’intervista, in cui ha finalmente toccato due temi
fondamentali. Innanzitutto viene smontato l’assioma per cui le “vacanze” siano
da considerarsi tempo perso per la formazione. Afferma Cacciari, con la
sicurezza di chi sa di non poter essere smentito: “Le vacanze mi hanno formato
diecimila volte più di due anni scolastici”. È davvero uno spettacolo penoso ascoltare
ministri che ancora credono all’idea gretta e reazionaria di una scuola che
forma e costruisce e di una vacanza che distrugge. Solo aumentando il tempo non alienato è possibile aumentare le nostre libere conoscenze.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">L’altro affondo di Cacciari
è contro “l’idea trogloditica che la produttività si misuri sul tempo di
lavoro”. E poi precisa con puntualità: “In un’epoca in cui, grazie allo
sviluppo tecnologico, il 90 per cento del lavoro potrebbe essere svolto
utilmente da casa, questi arcaici predicatori vanno in giro a dire che bisogna
stare più tempo a scuola o in ufficio. Come se studiare o lavorare un mese in
più facesse la differenza. Un ragionamento talmente comico che non ci si crede.
Sembra che siano fermi a prima dell’invenzione del telefono, questi signori”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">In realtà questi
signori sono fermi a prima dell’invenzione del telegrafo. Non si sono resi
conto che il modello sociale emergente non è e non può più essere quello della
scuola dell’obbligo e del lavoro alienato. Non ci vuole di certo Cacciari per
prendere atto che tutto quello che si apprende in due anni scolastici potrebbe
essere appreso decisamente meglio in un mese liberamente impiegato
nell’approfondimento (magari cooperativo) dei propri interessi, e senza marchiare
questo mese con l’istituzionale parola “formazione”. E non ci vuole Cacciari
per comprendere che l’automazione ci ha liberato da gran parte del lavoro e che
il tempo libero andrebbe accolto con gioia e non trasformato nella tristezza
della disoccupazione (Illich resta ancora un punto di riferimento). Cacciari non porta però alle ultime conseguenze il suo discorso, non arriva a dire che i politici come Poletti non dovrebbero avere come obiettivo quello di
privare i giovani degli unici tre mesi di libertà, ma dovrebbero pensare a estendere quella libertà anche agli adulti, soffocati, divorati e demoliti dall’ansia
produttiva. Fino a quando avremo politici che vogliono traghettarci nel XXI
secolo con la loro mente rivolta all’Ottocento, saremo costretti alla paralisi culturale e sociale. È ora che almeno una parte dei politici si
renda conto che per affrontare la crisi non abbiamo bisogno di respirare meno e
studiare/lavorare di più, ma necessitiamo esattamente della cura opposta. Più
aria e vacanze per tutti.</span></div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-18417907596171232132015-02-13T04:32:00.000-08:002015-04-24T04:32:42.114-07:00Le sette lezioni di John Taylor Gatto: 4. Dipendenza emotiva<div style="text-align: justify;">
4. DIPENDENZA EMOTIVA<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La quarta lezione che insegno è quella della dipendenza emotiva. Con stelle e segni rossi, sorrisi e occhiatacce, premi, onori e disonori, io insegno ai ragazzi a rinunciare alla loro volontà in favore della catena di comando prestabilita. I diritti possono essere concessi o negati senza appello da qualsiasi autorità, perché i diritti non esistono all’interno di una scuola – nemmeno il diritto alla libertà di parola, come stabilito dalla Corte Suprema – a meno che le autorità scolastiche non dicano diversamente. Come insegnante, io intervengo in molte decisioni personali, fornendo un permesso a coloro che ritengo giustificati, o dando inizio ad un confronto disciplinare per comportamenti che minacciano il mio controllo. L’individualità tenta costantemente di affermarsi tra i bambini e gli adolescenti, per cui le mie sentenze arrivano velocemente e in abbondanza. L’individualità rappresenta una contraddizione della teoria di classe, una maledizione per tutti i sistemi di classificazione. Ecco alcuni dei modi più comuni in cui si manifesta: i bambini sgusciano fuori per godersi un momento in privato in bagno col pretesto di un bisogno urgente, oppure rubano un istante tutto per loro in corridoio perché devono bere. Lo so che in realtà non ne hanno bisogno, ma permetto loro di imbrogliarmi perché questo li condiziona a dipendere dalla mia approvazione. A volte la libera volontà appare proprio di fronte a me in bambini arrabbiati, depressi o felici per delle cose che sono al di là della mia comprensione; i diritti relativi a queste materie non possono essere riconosciuti dagli insegnanti, solo i privilegi che possono essere revocati, garanzie di una buona condotta.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
John Taylor Gatto</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-31923911480162465342015-01-15T01:31:00.000-08:002015-04-24T01:36:24.831-07:00Quel gran valore della competizione ovvero... La "buona scuola" di Renzi (Sicilia Libertaria, dicembre 2014)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Sn5iro1OosrzPIKruScBXV8C2IK0LATC1ZNsI9tUB9ZVlOKkEzPhb2P4AXcZTSBmQVCqdnA5yRNQ4-iVWEgYkGYVXUR7II-jWjN0wOm1c72f98htT6W07L4ofSo86sNzFiLO1EfoKLg/s1600/SL-dicembre_pag3.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Sn5iro1OosrzPIKruScBXV8C2IK0LATC1ZNsI9tUB9ZVlOKkEzPhb2P4AXcZTSBmQVCqdnA5yRNQ4-iVWEgYkGYVXUR7II-jWjN0wOm1c72f98htT6W07L4ofSo86sNzFiLO1EfoKLg/s1600/SL-dicembre_pag3.png" height="247" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Antonio Saccoccio, <i>Quel gran valore della competizione ovvero... La "Buona scuola" di Renzi, </i>in "Sicilia Libertaria", anno XXXVIII, dicembre 2014</td></tr>
</tbody></table>
<br />Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8499338640909096731.post-18155122984418194662014-12-19T04:31:00.000-08:002015-04-24T04:31:47.184-07:00Le sette lezioni di John Taylor Gatto: 3. Indifferenza<div style="text-align: justify;">
3. INDIFFERENZA<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La terza lezione che insegno ai ragazzi è quella dell’indifferenza. Insegno ai bambini a non preoccuparsi troppo per qualcosa, anche se vogliono far vedere che è così. Il modo in cui lo faccio è molto sottile. Io pretendo che si coinvolgano totalmente nelle mie lezioni, balzando in piedi e risedendosi di scatto sulle loro sedie come se non vedessero l’ora di farlo, facendo a gara vivacemente l’uno con l’altro per ottenere la mia approvazione. Mi sento gratificato quando si comportano così; fa impressione a tutti, me compreso. Quando sono al meglio delle mie possibilità pianifico con molta attenzione le mie lezioni, per produrre questo spettacolo di entusiasmo. Ma quando suona la campanella io insisto affinché si fermino, a qualsiasi cosa stessero lavorando, e che procedano senza indugio alla sessione di lavoro successiva. Devono accendersi e spegnersi come un interruttore. Nulla d’importante viene mai finito nella mia classe, né in altre classi che conosco. Gli studenti non hanno mai un’esperienza completa se non del piano delle rate. La lezione della campanella infatti insegna che nessun lavoro vale la pena di essere finito, quindi perché preoccuparsi troppo per qualcosa? Anni ed anni di campanelle abitueranno tutti, tranne i più forti, ad un mondo che non può più offrire un’occupazione importante da fare. Le campanelle rappresentano la logica segreta dell’orario scolastico; la loro logica è inesorabile. Le campanelle distruggono il passato ed il futuro, rendendo identico ogni intervallo, come l’astrazione di una mappa fa risultare identici ogni fiume ed ogni montagna esistenti, anche se non lo sono. Le campanelle infondono d’indifferenza ogni iniziativa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
John Taylor Gatto</div>
Antonio Saccocciohttp://www.blogger.com/profile/12203597973910008432noreply@blogger.com0