sabato 18 settembre 2021

Chi educa dovrebbe avere uno sguardo fertile (Antonio Vigilante)

"La scuola guarda gli studenti attraverso i suoi occhiali, che sono quelli disciplinari. Tutto ciò che non rientra in una delle discipline previste dall’indirizzo, semplicemente non esiste. La valutazione è il risultato della somma dei diversi sguardi disciplinari sullo studente. Il risultato è che la scuola è miope. E gli studenti lo sanno; una buona parte del loro malessere viene da qui. La scuola non li vede, se non nella misura in cui loro si scolarizzano. Se prendono la forma che la scuola richiede per guardarli"

Occorre leggere e rileggere, pensare e ripensare all'articolo pubblicato da Antonio Vigilante su Medium a questo indirizzo.
"Chi insegna, chi educa, dovrebbe avere uno sguardo fertile". Difficile dirlo in modo migliore.

martedì 3 agosto 2021

La nostra idea di scuola è ottocentesca

Il nostro modello scolastico e didattico è ottocentesco, c'è poco da discutere. Il problema è che ha consapevolezza di ciò solo una modestissima parte degli insegnanti. Ma il problema più grande è che una forma di sapere ottocentesco, se paralizza la scuola, paralizza di conseguenza la società. Che infatti resta profondamente ottocentesca. Non siamo conservatori e passatisti per caso. Lo siamo perché lo è innanzitutto la scuola.

Da leggere un bell'articolo pubblicato da Roberto Maragliano su Garr News a questo indirizzo

"Registriamo un ritardo storico, su questo fronte, è doloroso ammetterlo. Le idee di scuola e di università e dunque di didattica su cui poggiamo molti dei nostri ragionamenti, anche quelli di valorizzazione del digitale, appartengono più al diciannovesimo che al ventesimo secolo, sono più debitrici ad un modello di stabilità ed intoccabilità del sapere, e dei suoi presupposti, e meno ad un modello di instabilità e permeabilità delle conoscenze e delle esperienze".

mercoledì 30 giugno 2021

Premi e castighi per i nostri bambini (di Maria Montessori)

Ero stata io pure sotto l'illusione di uno dei più assurdi procedimenti dell'educazione comune: avevo creduto anch'io che per spingere il bambino a uno sforzo elevato di lavoro e di tranquillità fosse necessario di incoraggiare con un premio esteriore i suoi bassi sentimenti, come la ghiottoneria, la vanità e l'amor proprio. E fui io pure stupita, constatando poi che il bambino a cui è permesso elevarsi abbandona spontaneamente i suoi bassi istinti. Allora esortai le maestre a desistere dai comuni premi e castighi - che non erano più adatti ai nostri fanciulli - e a limitarsi a dirigere dolcemente il loro lavoro. 

Ma niente era più difficile per la maestra che rinunciare a vecchie abitudini e ad antichi pregiudizi. 

Specialmente una di esse si industriava, quando ero assente, a rimediare alle mie idee, introducendo un po' dei metodi ai quali era stata avvezzata. Così un giorno, in una visita improvvisa, sorpresi un bambino, tra i più intelligenti, con una gran croce greca d'argento sostenuta da un vistoso nastro bianco appuntata sul petto; e un bambino seduto in una poltroncina in mezzo alla stanza. 

Il primo era stato premiato, il secondo era in castigo. La maestra, almeno in mia presenza, non interveniva con nessuna azione, così le cose rimasero come le trovai. Tacqui, e mi misi a osservare. Il bambino della croce si muoveva avanti e indietro trasportando oggetti dal suo tavolino al tavolo della maestra, affaccendato e intento; e passava più volte innanzi alla poltroncina del castigato. Gli cadde in terra la croce e il fanciullo della poltroncina la raccolse e la guardò bene da tutti i lati, poi disse al compagno: «Vedi che t’è caduto?». Il bambino si voltò e guardò l’oggetto con indifferenza; la sua espressione sembrava dire: «Non m’interrompete» e la voce disse: «Che me ne importa?». «Non t’importa?» soggiunse con grande calma il castigato. «Allora me la metto io.» E l’altro rispose: «Sì, sì, mettila tu» con un tono che sembrava dire: «Ma lasciami in pace!». Il ragazzo della poltrona si appuntò lentamente la croce sul petto, la guardò bene, e si accomodò sulla poltroncina più comodamente, distendendo le braccia sui braccioli. Le cose rimasero così, ed era giusto. Quel pendaglio poteva soddisfare il castigato, non il bambino attivo, contento del suo lavoro.

[M. Montessori, La scoperta del bambino]

lunedì 19 aprile 2021

"Ecologia del potere" di Antonio Vigilante: la maieutica reciproca

"Ecologia del potere" di Antonio Vigilante (Edizioni del Rosone, 2012) è uno di quei libri che non possono mancare nelle librerie degli  educatori libertari. Bisognerà leggerlo e discuterne molto delle idee contenute in questo volume, e in particolare della "maieutica reciproca", che resta una delle poche possibilità che abbiamo per - mi azzardo a dire - una "scuola del potere" che cancelli la "scuola del dominio". Il libro è disponibile gratuitamente in pdf a questo indirizzo.
Riporto per ora solo una pagina tratta dall'introduzione dell'autore:

Nel settimo capitolo mi soffermo sulla maieutica reciproca. Una distinzione centrale in Dolci è quella tra trasmettere e comunicare. Si ha semplice trasmissione, e non comunicazione, quando il messaggio va dall’emittente al destinatario, senza che quest’ultimo abbia la possibilità di replicare. È trasmissione, dunque, e non comunicazione quella della televisione e dei giornali. In questo senso Dolci afferma che la comunicazione di massa non esiste. Nella comunicazione autentica c’è lo scambio reciproco, il parlare ed ascoltare. Ma non basta: occorre che ci sia anche la volontà di mettere le cose in comune, di accettare pienamente l’altro, di dire la verità; di più: di cercare la verità insieme agli altri. È quello che avviene nei gruppi maieutici, che sono gruppi per la ricerca della verità che diventano inevitabilmente anche politici, poiché cercare la verità vuol dire opporsi attivamente all’errore ed alla menzogna. Nato come strumento di empowerment, il metodo della maieutica reciproca si dimostra uno straordinario metodo educativo, che Dolci cercherà di applicare alla educazione primaria nel centro educativo di Mirto, una iniziativa degli anni Settanta che avrà un successo solo parziale, ma nella cui sperimentazione affiorano spunti pedagogici di grande interesse, che possono ancora oggi essere ripresi e valorizzati.