La nostra scuola e il nostro sistema educativo vive di riti. Uno di questi riti è la tesi di laurea. Sull'inutilità di tale lavoro lasciamo volentieri parlare Giorgio Manganelli, che fu professore e professore universitario (ma anche scrittore d'avanguardia) e in un solo colpo (uno dei suoi micidiali corsivi) polverizzò le tesi di laurea e ironizzò acutamente sul fortunatissimo libro di Umberto Eco "Come si fa una tesi di laurea".
Ecco Manganelli, nel 1977.
Umberto Eco ha scritto un libro estremamente gradevole, divertente, lucido; un po’ manageriale, da manager giovane e aggressivo, cui piacciono le cose ben fatte. Il libro insegna come si fa una tesi di laurea; ed è talmente accattivante, da far venir gola di laurearsi da capo. A mio avviso, bisogna resistere. Eco ha un suo modo di sussurrare, raccontare, inventare le vie, le virtuose trame che consentono di scrivere una tesi che, a negargli ascolto, ci vuole protervia. L’avessi incontrato, un libro così fatto, nella mia giovinezza, avrei imparato a fare cose che non saprò mai fare. Ad esempio, le note a piè di pagina. Troppo tardi: incapace di frequentare metodicamente le biblioteche nostrane, di compilare schede, di catalogare argomenti, di redigere note, ho dovuto ridurmi a fare il genio. Miserabile fine, per chi era nato per gli studi. Ma, in questo modo, mi sono esentato da tutto ciò che non so fare, che è, appunto, tutto.
Tuttavia, il motivo per cui bisogna resistere, con la stessa fermezza con cui si respingono i volantini intitolati a “un mondo migliore”, è che, a mio avviso, è giunto il momento di non far più tesi di laurea, di espellere questa cerimonia da quel che resta delle nostre facoltà. È vero: detesto le tesi di laurea, deploro le ore che ho passato a leggerle, a seguirle, a farne relazione; non credo che, nella facoltà in cui lavoravo, nessuno abbia mai imparato nulla dalla tesi di laurea, eccetto che le strade dell’umiliazione e dell’astuzia sono infinite. [...] La tesi di laurea generalizzata è, comunque, in precipitosa decadenza, come è in decadenza l’esame di maturità. Quanti “dottori” sono laureati, si laureano, con tesi comprate già fatte, fatte su commissione, come gli uxoricidi, con tesi riciclate? E la tesi “di compilazione”, fatta con colla e fotocopie, sarà poi una straordinaria esperienza intellettuale? Non credo che tutto ciò dimostri che i laureandi sono tendenzialmente delinquenti o sciocchi: non occorre creare una polizia universitaria, né inaugurare una psichiatria dei laureandi. Io credo che sia ormai diffusa la convinzione che l’esperienza di scrivere una tesi, di mettere assieme una ricerca di seconda, terza mano, sia del tutto periferica, una bizzarria cui bisogna acconciarsi, perché ad un certo momento dall’università bisogna pure venire fuori.
Libro tecnico e manageriale, quindi, quello di Eco. Niente di più. Un testo che può essere utile ma molto di più è utile a tutti noi la raccomandazione di Manganelli: occorre eliminare questa pratica inutile dai nostri corsi di studi. I giovani trovano scorciatoie per la stesura della tesi (tesi su commissione), ma non perchè sono delinquenti, ma perchè hanno capito che devono riuscire ad aggirare il sistema in qualche modo e riuscire a mettere i piedi fuori dall'università. Stesso discorso si può fare per i ragazzi che trovano scappatoie per uscire dalle scuole secondarie. Non sempre sono le scorciatoie migliori. Spesso si potrebbero trovare vie d'uscita più interessanti (e divertenti). Ecco, forse i professori alla Manganelli potrebbero insegnare ai ragazzi la via per uscire nel migliore dei modi dalla scuola e dall'università. Sempre aspettando che qualcosa cambi finalmente. E radicalmente.
Antonio Saccoccio
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