Chi insegna in una scuola superiore italiana (soprattutto nei tradizionali licei) ha ben presente lo stato di totale inadeguatezza dell'istituzione. L'impressione è quella di una struttura dannosa che genera nella quasi totalità dei casi noia, frustrazione, competizione, perdita continua di tempo, atteggiamenti servili e/o utilitaristici. Ha affrontato il tema Nicola Ruganti, in un buon articolo sul numero 2 de "Gli Asini", rivista di educazione e intervento sociale. Ruganti ha iniziato con un'affermazione decisa e incontestabile:
"L'insegnante chiuso a riccio nella disciplina" è lo specchio fedele di una realtà mortificante. In un mondo di una complessità devastante, è inimmaginabile pensare che il ruolo dell'insegnante sia ancora quello di alfabetizzare con norme e regolette di grammatica o matematica. Eppure abbiamo formato per decenni solo docenti di questo tipo. Docenti per cui insegnare è ripetere quotidianamente quattro nozioncine di letteratura, scienze, storia o filosofia che oggi si trovano (spesso anche più approfondite) su wikipedia. Docenti per cui insegnare significa mettere in fila quattro numeri incoerenti su una (apparentemente) elaboratissima ma (in realtà) imbecillissima griglia di valutazione.
E' evidente: la scuola svuotata di significato reale si rifugia nella norma rigida. Vede ancora bene Rinaldi:
Eppure, in attesa di tempi migliori (la descolarizzazione è il punto di arrivo, non dimentichiamolo mai), si possono tentare soluzioni avventurose.
a. Si dovrebbe dare enorme spazio ai singoli istituti, perchè se è vero che non si può curare una pianta malata dalle radici, è possibile provare con qualche innesto di fortuna. E in questo caso due sono le possibilità:
L'ultimo invito di Ruganti è a disobbedire. E anche su questo non possiamo che essere con lui. "Il compito del singolo insegnante... è quello di non seguire le mode delle riforme e/o le novità nei programmi".
Per chi è nella scuola disobbedire significa iniziare a descolarizzare dall'interno. Significa portare le idee libertarie all'interno della scuola-carcere, le idee della vita all'interno della scuola-loculo contemporanea.
Si può parlare solo in termini esasperati della scuola media superiore, perchè è la nitida fotografia del disastro economico e pedagogico del presente.E poco più in basso immediatamente centra il punto:
Didattica e realtà hanno preso due strade diverse. Gli insegnanti si chiudono a riccio sulla disciplina e nell'altra parte del loro lavoro sono approssimativi: non sanno suggerire nessuna prospettiva su come affrontare il presente.Lo ribadiamo da tempo: gli insegnanti italiani sono quasi sempre individui estranei alla vita, estranei alla realtà contemporanea. Non sono in grado di fornire una guida ai giovani, non sono in grado di renderli autonomi, non sono in grado di condurli verso l'auto-orientamento. E non sono in grado, perchè anche loro sono incapaci di orientarsi e di essere autonomi. La scuola di oggi è un ambiente morto, in cui si parla quasi sempre di morti e cose morte.
"L'insegnante chiuso a riccio nella disciplina" è lo specchio fedele di una realtà mortificante. In un mondo di una complessità devastante, è inimmaginabile pensare che il ruolo dell'insegnante sia ancora quello di alfabetizzare con norme e regolette di grammatica o matematica. Eppure abbiamo formato per decenni solo docenti di questo tipo. Docenti per cui insegnare è ripetere quotidianamente quattro nozioncine di letteratura, scienze, storia o filosofia che oggi si trovano (spesso anche più approfondite) su wikipedia. Docenti per cui insegnare significa mettere in fila quattro numeri incoerenti su una (apparentemente) elaboratissima ma (in realtà) imbecillissima griglia di valutazione.
E' evidente: la scuola svuotata di significato reale si rifugia nella norma rigida. Vede ancora bene Rinaldi:
Didattica muta e conoscenze spesso superficiali generano la necessità di obblighi. Eccone un esempio: si possono fare massimo cinquanta giorni di assenza (che non sono pochi!) e oltre si boccia.Lo sfascio totale, quindi. Senza possibilità di redenzione.
Eppure, in attesa di tempi migliori (la descolarizzazione è il punto di arrivo, non dimentichiamolo mai), si possono tentare soluzioni avventurose.
a. Si dovrebbe dare enorme spazio ai singoli istituti, perchè se è vero che non si può curare una pianta malata dalle radici, è possibile provare con qualche innesto di fortuna. E in questo caso due sono le possibilità:
- Singole scuole che si prendono il massimo dell'autonomia dallo Stato centrale per sperimentare una scuola libera e libertaria. Per Ruganti "bisognerebbe spronare tentativi regionali di scuole, meritevoli e militanti, che scelgano di ritagliarsi un'autonomia didattica, economica e territoriale: potrebbe essere un'ultima scialuppa in questa bonaccia ad alta tensione".
- All'interno degli istituti, gruppi di insegnanti dovrebbero allearsi e auto-organizzarsi, provando così a salvare alcuni corsi o alcune classi, adottando una didattica della complessità, anti-autoritaria, anti-normativa.
L'ultimo invito di Ruganti è a disobbedire. E anche su questo non possiamo che essere con lui. "Il compito del singolo insegnante... è quello di non seguire le mode delle riforme e/o le novità nei programmi".
Per chi è nella scuola disobbedire significa iniziare a descolarizzare dall'interno. Significa portare le idee libertarie all'interno della scuola-carcere, le idee della vita all'interno della scuola-loculo contemporanea.
Antonio Saccoccio
e se invece iniziassimo a insegnare? Entro a scuola tutti i giorni ma non mi capita di imbattermi nelle larve e nei loculi a cui fai riferimento, anche se come tutti gli insegnanti italiani devo aggirare una montagna di problemi e carenze.
RispondiEliminaCiao