La senatrice francesce Chantal Jouanno ha presentato in Parlamento il suo rapporto intitolato «Contro l' iper-sessualizzazione, una nuova battaglia per l'uguaglianza», e il ministro della Solidarietà Roselyne Bachelot ha promesso di seguirne le raccomandazioni. Per «difendere i nostri bambini dalla confusione illustrata dallo stesso termine di pre adolescenza», che toglie anni preziosi a quella che dovrebbe essere «infanzia», il rapporto Jouanno auspica alcune prime misure concrete: divieto dei concorsi di bellezza per «mini-miss», e ritorno all' uniforme scolastica sin dalle elementari. Se l'erotizzazione dell' esistenza comincia presto, bisogna allora anticipare anche la lotta contro i jeans a vita bassa.
Bisogna riconoscere che oggi le ragazzine pure molto giovani affermano una femminilità della quale vanno fiere, mentre il loro punto di vista è totalmente assente nel rapporto. Più che sottomesse, direi poi che padroneggiano completamente l'uguaglianza tra i sessi. Infine, l' erotizzazione diffusa è un problema che tocca tutta la società, è difficile isolarlo e combatterlo solo sotto i 12 anni.
Ma la povera Chantal Jouanno non ha evidentemente gli strumenti per comprendere qualcosa che vada al di là della sua pochezza, è una donna che fa politica ed evidentemente segue l'onda del sentimento popolare. Quale onda? Quella, sempre presente in ogni momento, dei tanti nostalgici dei bei tempi andati, in cui tutto filava liscio nelle scuole: tutti irrigiditi dietro il banco, ubbidienti e impauriti, in soggezione durissima e costante, pronti a rispondere a domanda inutile con risposta rapida precofenzionata (sempre altrettanto inutile, si intende). Tutto sotto controllo. Voi fate i bambini-operai, noi siamo gli adulti-padroni!
Tra questi nostalgici della scuola-carcere-fabbrica di deficienti, compare nella stessa pagina la solita opinionista di buon senso a cui non si nega mai la parola in questi casi, tale Federica Mormando, che nell'articolo di commento ci regala un pezzo di sublime bravura e pathos inarrivabile (!). Leggiamo integralmente, perché non vogliamo modificare una sola virgola.
La divisa è in primo luogo un'affermazione, non un divieto. La divisa afferma che siamo nel tempo della nostra vita dedicato allo studio a scuola. Siamo scolari e la nostra funzione è imparare. E siamo un gruppo. Il che incita alla solidarietà, tanto è vero che la divisa era stata proposta anche fra i mezzi per prevenire il bullismo. Si è di «questa» scuola, e se ne può andare orgogliosi, se il corpo insegnante si dà da fare per questo. Si può essere fieri della propria divisa, come lo sono i militari che credono nella loro missione. Si può essere rispettati per la divisa: incontrare il proprio medico sempre in camice sulla spiaggia in costume, lascia perplessi, perché suggerisce altri ruoli, incrina un po' l'immagine cara al paziente. I segnali esterni dei ruoli e delle funzioni sono importanti simboli, che giungono diretti e chiari più delle parole. La divisa a scuola è una dichiarazione di adesione al ruolo di scolaro, una piccola corazza contro la licenza di giocare, e anche contro vagabondaggi della fantasia che un abbigliamento sexy favorisce, ai bambini, ma anche agli adulti.
Ecco che tornano in bella evidenza le parole-chiave: ruoli e funzioni. Gli individui, e quindi anche i bambini, non sono considerati in quanto autonomi individui dotati di proprie personalissime aspirazioni, ma sono ingabbiati in ruoli e funzioni sociali. Mai confessione poteva essere più chiara. Contano ruoli e funzioni: il resto ovviamente è trascurabile.
Ma il lessico autoritario della privazione e della “vita dura” deve ancora arrivare. Leggiamo la parte conclusiva dell’articolo:
Il senso della trasgressione è collegato a quello del dovere, senza il quale — lo vediamo — del piacere resta solo la ricerca esasperata e alla fine vana. Una divisa è un messaggio anche per i genitori: mortificare l'infanzia mascherandola da sex-symbol non è lecito nei luoghi seri dell'istruzione. Un provvedimento di questo genere è occasione per spiegare concetti dimenticati, rimettere a nuovi valori stropicciati, re-inaugurare la disciplina, quella vera, che forma la persona e regola la convivenza. E per restituire a bimbe e bimbi il senso dell'infanzia, che non è più pura o più serena o più etica dell'età adulta: è semplicemente un'altra età, che l'imitazione di modelli adulti inaridisce. E rendere obbligatorio lo studio di questi concetti a genitori confusi potrebbe restituirgli la loro divisa: quella di genitori.
I bambini - ci dice - vanno restituiti all’infanzia, perché i modelli adulti non vanno imitati. I modelli adulti - ce l’ha fatto capire chiaramente - vanno invece imposti, perché tutti i bambini dovranno mettersi una divisa, pronti a diventare come gli adulti: tristi e grigi operai della vita.
Non ho davvero parole...Poi ci lamentiamo ancora della dispersione scolastica? (E qui ci sarebbe da aprire un altro bel capitolo...) C'è solo da augurarsi che non si verifichi un bel suicidio di massa, dopo tutto questo! :-P
RispondiEliminaCiao, come faccio a ricevere in automatico i nuovi articoli? (ho letto in una mattinata tutto il blog, illuminante)
RispondiEliminaBenvenuto/a!
EliminaCi fa molto piacere il tuo interesse. Per ricevere i nuovi articoli puoi cliccare sul tasto "Unisciti a questo sito" che trovi in alto a destra sopra le faccine degli avatar che già ci seguono! ciao!